Se dico “rosa” inteso come colore, la vostra immaginazione correrà immediatamente a qualcosa che abbia a che fare con la donna ed il suo essere femmina. Quasi fosse un “simbolo” per distinguersi dal genere maschile, al quale invece viene conferita la tonalità azzurra.
Ovunque si guardi, è persistente l’associazione di genere del colore rosa nella vita contemporanea. Eppure non è stato sempre così. A questo proposito, vorrei parlarvi di un’esposizione singolare e particolarmente adatta a dimostrare la tesi enunciata.
Dovete sapere che, al Museum of Fine Arts di Boston, è in corso una mostra aperta fino al 26 maggio, che celebra proprio le origini e l’evoluzione del colore rosa.
“Think Pink” è il titolo di questa rassegna, che ripercorre la storia del più femminile fra i colori. Attraverso accessori, capi d’abbigliamento, giocattoli, illustrazioni e gioielli, il visitatore potrà esaminare l’evoluzione del rosa attraverso i cambiamenti dello stile, rapportandoli ai progressi della tecnologia del colore.
L’idea di questa mostra è della curatrice, Michelle Finamore, ed è nata mentre la donna catalogava il lascito fatto al museo da Evelyn Lauder, una delle più ricche signore degli Stati Uniti, attivista nella lotta contro il cancro al seno. Era stata proprio la Lauder, stroncata lei stessa da un cancro a 75 anni, a creare la campagna “Think Pink” (Pensa in rosa), per la ricerca contro il male del secolo.
La donna aveva lasciato al museo di Boston gli abiti da sera indossati nelle manifestazioni dedicate alla raccolta fondi. “Passando in rassegna questi squisiti capi di ogni tonalità di rosa - ha ricordato la Finamore – mi sono chiesta: quando è cominciata questa associazione così forte del rosa con le donne?”.
Unendo i prestiti da altri musei, donazioni, capi e oggetti dello stesso Museo di Boston, è nata la mostra che espone pezzi dal Settecento ai giorni nostri. Un tempo, un fiocco rosa indicava una bambina. Ma i costumi cambiano. Il rosa sta diventando “maggiorenne”, tant’è che lo abbiamo visto sulle passerelle dei grandi stilisti, trasformarsi in capi ed accessori autunnali ed invernali. Un ritorno al passato.
Pochi sanno che il rosa, poiché ottenuto sbiadendo uno dei colori più forti, il rosso, un tempo era considerato un colore neutro, o meglio, una tonalità piuttosto “forte”. È nell’Ottocento che gli uomini hanno iniziato ad indossare vestiti più sobri, dai toni scuri, e quindi i colori pastello sono diventati prerogativa del gentil sesso.
In particolare, dopo la Seconda Guerra Mondiale, lo slogan “think pink” diventa un incoraggiamento per le donne, affinché ritrovino la loro femminilità. Guerre, carestie e momenti difficili, molto probabilmente, avevano spinto le signore, madri di famiglia, a pensare soltanto ai problemi pratici della vita.
Questo a scapito di quelle che possono essere le attenzioni che una donna dovrebbe sempre riservare a se stessa. Il rosa diviene onnipresente, soprattutto nell’odierna società. Non solo nell’abbigliamento, ma anche nei beni di consumo, negli elettrodomestici e nelle automobili.
Tanto per dirne una, avete mai fatto caso alle cartelle e al materiale per la scuola? Oppure ancora, ai guinzagli dei cani? Statene certi, che la femmina, a qualsiasi razza appartenga, si distinguerà con qualcosa di rosa.
A consacrare tale colore come simbolo della femminilità ha contribuito anche un film con Audrey Hepburn del 1957, “Funny Face”, nel quale un personaggio ispirato alla celebre giornalista di moda Diana Vreeland, dedicava al rosa un intero numero della sua rivista.
La grande esposizione di Boston testimonierà le cose dette e avvolgerà i visitatori nel piacevole clima di questo colore. Ormai un “must” che non è rimasto fermo nel tempo, e che lentamente si evolve.
Written by Cristina Biolcati
Info
Sito Museum of Fine Arts