“We will not witness this anymore
This is the end for you my friend
I can’t forgive, I won’t forget” (Jim Morrison)
Eccoci qui, seduti sul ramo di un albero a guardare quant’è piccola la gente lì sotto.
Il Washington Post si prepara a mettere in vendita il suo quartier generale al quinto piano di L Street, la Reuters taglia 3mila posti di lavoro, la Bbc prevede tagli per 5mila dipendenti nei prossimi anni, il New York Times avvia un piano di ristrutturazione e tagli. E’ finita un’era e non si sa se ne inizierà un’altra, e in che modo, per l’informazione cartacea.
L’Italia
Il settore editoriale è in coma irreversibile, a quanto pare: in soli quattro anni, tra il 2008 e il 2012, fra quotidiani e periodici, si sono persi oltre 1,1 miliardi di euro di investimenti pubblicitari. Le ultime stime relative allo scorso settembre, elaborate dalla Fieg su 50 testate, segnalano un decremento dei ricavi da vendita del 4 per cento.
Una crisi che la Fnsi ha definito “drammatica” nel documento finale del Consiglio nazionale svoltosi a Roma qualche giorno fa. Decine di testate chiuse e un migliaio circa di giornalisti espulsi dalle redazioni.
I dati Audipress e Ads segnalano un calo dei lettori della stampa quotidiana del 5,1% nel terzo trimestre del 2012 e segni meno diffusi un po’ dappertutto, tranne qualche eccezione, nelle vendite. Solo nel mese di dicembre 2012, il Corriere della Sera ha avuto un calo del 5,5% scendendo di oltre 20mila copie vendute rispetto a novembre. Repubblica a -2,9%, La Stampa -2% e il Sole24Ore è in caduta libera con meno 8,6 (14.462 copie) rispetto a novembre 2012.
Particolarmente drammatica la situazione al gruppo Rcs che ha un piano di tagli al personale di 800 unità (640 in Italia e 160 in Spagna) e 800 milioni di euro di scoperto bancario. Nonchè la chiusura di una decina di testate, compreso il settimanale femminile A. Ma stati di crisi e agitazioni ci sono un po’ dappertutto. Al Messaggero sono previsti altri 33 esuberi, che si sommano ai 38 già mandati a casa nel precedente stato di crisi del 2010. In sostanza, si è quasi dimezzato il personale all’interno della struttura. Per n0n contare La Stampa (meno 30), Avvenire (una decina), Mondadori (meno 50), l’Espresso (una dozzina di prepensionamenti) etc…
Insomma si galleggia nella merda, a quanto pare. Ovviamente la situazione si ripercuote anche per i collaboratori di tutte queste testate. Stretta ai costi significa anche meno pezzi dati fuori ai collaboratori esterni.
Senza contare che settori come gli Esteri, vedono ridursi sempre più lo spazio e la disponibilità finanziaria, fino a sparire, come nel caso del Tempo o a ridursi, come nel caso del Messaggero.
Sciopero dei lavoratori del Messaggero, sciopero dei lavoratori Rcs, ma anche scioperi ed agitazioni da parte delle organizzazioni sindacali dei rivenditori di quotidiani e periodici.
30 mila posti di lavoro che rischiano di sparire nei prossimi mesi, aggiungendosi agli oltre 20 mila posti di lavoro persi negli ultimi anni a seguito della chiusura di 10 mila edicole, spiega il presidente di Snag Confcommercio, Armando Abbiati.
Dopo questa ecatombe di dati, sorge spontanea una domanda: a cosa serve tutto l’impegno profuso dal Presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, nel volere una ‘Legge sull’equo compenso’ per decine di migliaia di precari, lavoratori saltuari e outsider (che non metteranno mai piede concretamente in una redazione nè potranno diventare a tutti gli effetti, professionalmente parlando, dei giornalisti, vista la situazione di inarrestabile declino? Che senso ha mettere un cerotto cercando di tentare, vanamente, di fermare una emorragia profonda? Non lo sapevano da anni all’Ordine che ormai la linea Maginot era stata sfondata e serviva correre ai ripari? Nessuno in grado di prevedere oltre la data del proprio stipendio mensile? E al sindacato uguale. Pacche sulle spalle, cene, elezioni e stronzate varie tutto a spese di chi paga il tesserino.
Perchè per anni sono stati dati patentini a master, corsi universitari, scuole, che hanno sfornato migliaia di novelli disoccupati? Perchè non sono stati posti dei limiti temporali e provvisori all’accesso alla professione (O per esempio bloccando le scuole etc per bienni alterni) cercando così di sgonfiare ridurre il numero di persone che anno dopo anno continuavano ad accalcarsi alla ricerca di un posto che non c’era?
Soprattutto perchè, con il benestare di Ordine e sindacato, si è continuato ad alimentare attraverso Festival, premi, convegni, corsi e master farlocchi e chissà quali altre cazzate, il sogno di una professione che non esiste più?
In tutto questo i prossimi espulsi dal mercato del lavoro, se la situazione continuerà a peggiorare, saranno i professionisti, tesserino o meno, che fino a questo momento hanno vissuto del proprio lavoro senza mendicare questue o accettare compensi infami.
Di loro nessuno se ne occupa, ovviamente. Non sono decine di migliaia e non portano voti.
Coloro che invece hanno vissuto di strette di mano e paghette settimanali della nonna, farebbero bene a cercarsi subito un altro lavoro. Vista la situazione, passeranno anni prima che si possa parlare di assunzioni o collaborazioni in pianta stabile con corrispettivi pecuniari atti a far vivere dignitosamente e AUTONOMANENTE una persona. Il che, a occhio e croce, equivale ad almeno 1500 euro al mese (se poi siete abituati a mangiare gli avanzi del McDonald quando portano fuori i sacchi di roba avanzata è un altro discorso, ma ne dubito fortemente).
Inoltre dal 2014 ci sarà una nuova stretta ai contributi pubblici, secondo quanto definito dalle linee guida del decreto legge, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso maggio, che ridisegna l’accesso per le imprese editrici di quotidiani e periodici ai finanziamenti pubblici. Il che non è un male. Il mercato editoriale italiano è stato drogato permettendo l’esistenza di decine di testate, molte inutili, che hanno mangiato in tutti questi anni centinaia di milioni di euro.
Auguri!
ps Poi ci sono quelli che sparano cazzate di politica alle 8 del mattino in programmi che la gente normale non guarda perchè sta andando o è già a lavorare. Quelli state tranquilli che salteranno a vita da una testata all’altra, da un tg ad un quotidiano, senza perdere un giorno di paga. E come si sa, la politica paga sempre.