Ieri sera ho potuto assistere alla prima assoluta di This must be the place, il nuovo film di Paolo Sorrentino con Sean Penn attore protagonista, nei panni di Cheyenne, un cantante rock degli anni ’80, ormai fuori dallo star system. E fin qui, niente di strano. Il regista segue la vita quotidiana di Cheyenne, tra la spesa al supermercato, il caffè al bar, le cene con amici, lo sport e il sesso con la moglie, ma sempre indossando la stessa maschera, quel cerone bianco e il rossetto rosso, che tanto lo legano al suo passato e sotto i quali vorrebbe nascondere la tristezza della sua anima. Dilaniato dai sensi di colpa, Cheyenne si trascina quasi su sé stesso, trasportando con sé un carrellino, immagine penosa di una rock star ormai ‘in pensione’. Tutto il film mi è sembrato avvolto da quella che Kundera definì l’insostenibile leggerezza dell’essere. Sarà solo l’esperienza di un viaggio alle origini, in una surreale America, a restituirgli la voglia di vivere, la voglia di guardare al futuro, con un nuova coscienza di sé.
This must be the place è un film un po’ strano, apparentemente un po’ disconnesso. Sinceramente mi aspettavo qualcosa di molto diverso, forse una storia più rock. Ma forse è proprio qui che sta il significato di questa strana storia: il vero Cheyenne è quello che non si vede in apparenza. Quell’immagine dark che tanto colpisce nelle prime scene, via, via si affievolisce, lasciando trasparire i veri tratti del personaggio: l’insicurezza e la fragilità di chi non è stato amato abbastanza. La fotografia è molto curata: alcune scene in movimento on the road ricordano alcuni momenti di Into the wild, nei quali si riconosce lo zampino del regista Penn. L’America diventa così una sorta di paradiso perduto dove Cheyenne, ai confini dell’Inferno nazista, ritrova la strada verso il suo futuro. L’Olocausto, infatti, è il grande tema di sottofondo del film. A volte, però, a mio parere, la storia sembra un po’ assurda, ma forse anche questo è un riferimento voluto all’assurdità della storia con la S maiuscola. Sean Penn, come sempre, è bravissimo. Il personaggio di Cheyenne mi è piaciuto molto. La storia è un po' troppo disconnessa. Ma questa è solo un’opinione personale. Lascio a voi il giudizio. E faccio i miei in bocca al lupo a Sorrentino&Penn per questo attesissimo This must be the place.
(Manuela Raganati)