La magica atmosfera natalizia avvolge Lubecca per tutto il mese di dicembre: tra luci, mercatini ed eleganti vetrine, la città ti stupisce con le sue piccole e grandi meraviglie. Chi ha voglia poi di sfruttare il suo soggiorno per visitare anche i musei non può lasciarsi sfuggire l’occasione di curiosare in una delle case più famose della città: la dimora in cui è ambientata la saga della famiglia Buddenbrook, protagonista del celebre romanzo che Thomas Mann pubblicò nel 1901 all’età di 26 anni e per cui lo scrittore vinse il premio Nobel nel 1929. La casa così fedelmente descritta da Mann ne I Buddenbrook fu in realtà la vera abitazione dei nonni e molti ricordi della propria infanzia diventano sensazioni ed episodi raccontati fra le pagine di questo suo importante lavoro «sempre più riconosciuto come una delle grandi opere della letteratura contemporanea» (questa una delle motivazioni del Nobel). Per tutto l’anno al secondo piano dell’elegante edificio in Mengstraße 4, due delle stanze di cui si racconta nel romanzo sono allestite così come vengono ritratte nelle ultime pagine, ma ogni dicembre, dal primo all’ultimo giorno del mese, l’ambiente si trasforma e viene proposta la scenografia del Natale esattamente come viene descritta nel corso della vicenda. È con gli occhi del piccolo Hanno che viviamo la magia natalizia e le parole di Thomas Mann ci restituiscono l’incanto di questo periodo che è tipico dei bambini: «La grande sala era misteriosamente chiusa, già marzapane e dolci bruni comparivano sulla tavola, e fuori in città era Natale. Cadde la neve, venne il gelo, e nell’aria limpida e tagliente risuonavano per le strade le melodie tradizionali e malinconiche dei suonatori d’organetto italiani, giunti per la festa con le giacche di velluto e i baffi neri. Nelle vetrine facevano bella mostra le esposizioni natalizie. Attorno alla fontana gotica, nella piazza del mercato, erano installati i variopinti chioschi della fiera natalizia. E dovunque si andasse si respirava con il profumo degli abeti messi in vendita, l’odore della festa».
Il piccolo e sensibile Hanno è in trepida attesa, ascoltando un limpido canto da cappella, «il cuore si stringeva in una gioia quasi dolorosa»; freme per la curiosità di sapere se ciò che aveva desiderato lo avrebbe di lì a poco ricevuto, «il tanto agognato teatro dei burattini, che era in cima alla lista dei desideri presentata alla nonna, sottolineato molto forte e che dopo il Fidelio era quasi il suo unico pensiero». Quando al giovane Hanno viene finalmente concesso di entrare nella sala chiusa, ne abbiamo una descrizione che corrisponde all’allestimento natalizio oggi riproposto nell’edificio più famoso di Lubecca: l’albero di Natale elegante e illuminato da tante candeline bianche, le tende rosso scuro, l’azzurro della tappezzeria, e il teatrino che spicca sul tavolo. E possiamo immaginare il piccolo Hanno mentre osserva nel dettaglio il teatrino appena ricevuto e si stupisce che la scena montata sia proprio l’ultimo atto del Fidelio. Fra dolci bruni, crema di mandorle, plum-cake e marzapane si consumano tutti i desideri del bambino che stregato dal Natale gode intensamente di ogni attimo e di ogni sfumatura osservando anche gli adulti presenti alla serata.
A proposito del marzapane (più volte citato nel romanzo), ancora oggi per le strade di Lubecca le pasticcerie lo propongono in tutte le forme possibili; questo dolce dalle lontane origini persiane (come viene spiegato nella sala espositiva posta al secondo piano del Café Niederegger) è diventato il prodotto gastronomico tipico della città. Lo stesso Mann nel saggio Lubecca come forma di vita spirituale (in Italia contenuto nel volume Nobiltà dello spirito e altri saggi, edito da Mondadori nella collana I Meridiani, a cura di Andrea Landolfi con un saggio di Claudio Magris) si trova quasi costretto a citarlo spiegandone anche l’etimologia: «[il marzapane] è una sostanza gustosissima, e in secondo luogo è tutt’altro che triviale, anzi degna di nota e, come ho già detto, misteriosa. Marci-pan significa evidentemente, o almeno secondo la mia teoria, panis Marci, pane di Marco, di san Marco, il patrono di Venezia. E se esaminiamo più attentamente questo dolce, questa mistura di mandorle, acqua di rose e zucchero, ci si affaccia spontaneo il sospetto che c’entri in qualche modo l’Oriente». E così fra le parole di Thomas Mann e un cappuccino al marzapane, riscopro deliziata la magia di questo grande scrittore tedesco.
Fotografie di Emanuela Riverso