Thomas Schutte, artista contemporaneo tedesco, sarà in mostra presso la Fondazione Beyeler di Basilea fino al 2 febbraio prossimo. L’esposizione, che aveva avuto inizio il 6 ottobre 2013, comprende immagini figurative di varie dimensioni e differenti materiali.
Grandi bronzi si alternano a teste in ceramica di dimensioni naturali, o ai grandi gruppi, alle figure in plastilina e agli autoritratti. La mostra è curata da Theodora Vischer, primo curatore della fondazione stessa.
Schutte, artista tedesco che vive e lavora in Germania, è considerato uno dei più grandi scultori contemporanei.
La sua fama internazionale è merito della sua opera figurativa, che da molti anni decora gli spazi pubblici. Senza dimenticare che nel 2005 è stato Leone d’oro alla Biennale di Venezia.
All’artista va riconosciuta la capacità di dominare in modo totale la forma in ogni sua dimensione, costituita di ogni tecnica e materiale, passando dalla modellazione della cera alla scansione tridimensionale.
Insieme ad una cura maniacale in sede di allestimento, nel disegnare lo spazio per queste opere, quasi di trattasse di un set cinematografico. Attraverso volti e figure, l’artista indaga l’umana condizione del nostro tempo.
Una materia che Schutte plasma direttamente con le mani. Le sue tecniche di sovraimpressione e di riduzione delle figure e dei volti, riescono a donare ai soggetti un’intensità e un’immediatezza veramente originali.
A colpire è la sua capacità di giostrare e giocare con il micro e il macro; con l’intimità e la monumentalità. A volte lo stesso soggetto lo troviamo declinato in forma minima e poi lo vediamo assumere dimensioni gigantesche. Un’energia creativa dirompente, quella di Schutte, che potremmo definire come un magnifico lettore del proprio e nostro tempo.
Nelle sale espositive egli porta un catalogo di personaggi senza nome: facce e smorfie raccolte osservando amici, parenti, ma anche persone sconosciute. Un insieme di emozioni poste in forma di scultura, nelle quali rispecchiarsi e riconoscersi. Sono figure con zigomi accentuati, dai tratti goffi e a volte gonfi, intrisi di una grottesca ironia; a volte invece sono taglienti, quasi feroci.
Hanno pose di straordinaria resa plastica, con una potenza espressiva fuori dal comune. Ad accogliere i visitatori sono gli “Stranieri”, presenze oniriche poste sul tetto della Fondazione. Quel gruppo di immigrati iraniani, trasformati in sculture, che Schutte realizzò per Documenta, una delle più importanti manifestazioni internazionali d’arte contemporanea, nel 1992. Uno splendido monumento alla condizione dell’esule, del ramingo.
Struggente poetica di un senso di smarrimento e sradicamento comune a ogni cultura, perché ancora oggi in Germania come in Italia, ci troviamo a fare i conti con il problema degli “stranieri”. Il trascinante senso d’ironia si respira in tutta l’esposizione: dissacranti i tappi di bottiglia posti come elmo sul capo di soldati che marciano minacciosi.
Un grande palcoscenico in cui, come a carnevale, si dà spazio all’eterna commedia dell’uomo.
Written by Cristina Biolcati