Ieri pomeriggio ho fatto una passeggiata sulle alture di Isolabona, da Permean alla Marra. Considero questo tratto molto interessante per scattare fotografie naturalistiche, non ho percorso la vecchia mulattiera ma la strada carrozzabile (poco transitata) poiché sul ciglio di questa nascono parecchi fiori che attirano varietà disparate di insetti. Giunta alla Marra sono stata attratta da una farfalla posata su di una Vedovella, stranamente non è scappata e ho subito capito che c'era qualcosa di strano. Ecco, un ragno l'aveva catturata ed immobilizzata. Devo dire che subito non l'avevo visto il ragno perché il suo mimetismo, a circa un metro di distanza, è sorprendente. Ho inviato la fotografia a Giancarlo Castello che ha redatto una scheda molto interessante. Si tratta di un ragno il cui nome è Thomisus onustus, è una femmina e la sua capacità di assumere il colore del fiore che la ospita è impressionante...un mimetismo micidiale per le sue vittime.
È la sopravvivenza che induce a questi comportamenti nel mondo animale, una catena che non va interrotta. Sono in tanti a chiedermi se libero le prede quando documento queste situazioni, ebbene non lo faccio perché andrei contro natura!Di seguito la scheda di Giancarlo Castello.Gentile Roberta, questo ragno, Thomisus onustus è il suo nome scientifico, non solo è considerato altamente interessante, ma la sua Famiglia, quella dei Tomisidi, (che comprende 66 specie) tra le 45 Famiglie italiane, ha escogitato un sistema di vita davvero affascinante. A differenza di quanto si possa pensare i ragni che tessono la classica tela a raggiera, detta “orbicolare” rappresentano la minoranza. Alcuni, addirittura, non sono capaci di confezionare neppure uno scarabocchio di filo.
Così è per il nostro cacciatore, che vive appostato sui fiori per sorprendere direttamente le proprie vittime, insetti a volte molto più grossi di lui che fulmina all’istante con un veleno davvero potente (per noi innocuo). Riesce persino a uccidere farfalle, ma anche api, insetti che quasi nessun animale osa avvicinare. Così afferra le prede e le paralizza con il veleno, per poi succhiarle dopo averle sciolte all’interno con l’acido. Ovviamente, non possedendo la consueta rete da caccia, ha dovuto sviluppare altre strategie. Intanto, la capacità di scattare repentinamente e la larga stazza che gli permette di non essere trascinato via. Non per niente a questa specie e altre simili è stato dato l’appellativo di “ragni granchio”. Ma state a sentire la parte più bella. Quella che vedete comunemente sui fiori è la femmina. Il maschio è piccolissimo e si accontenta di cacciare moscerini. Come fa lei a non essere vista, così grande e grossa? Appena nata è di colore bianco e si apposta subito su qualche petalo del suo colore, così da scomparire. È noto che gli insetti prediligano il colore giallo (e lo sanno bene le margherite che vogliono essere impollinate da loro), la nostra geniale cacciatrice, volendo spostarsi sulla parte gialla, si vede costretta ad attrezzarsi... Non è facile, ci vogliono alcuni giorni. Poi il suo corpo muta nella tinta adeguata, se necessario persino rosa o azzurrino. La capacità di colorarsi, ovvero di mimetizzarsi a seconda del fiore su cui staziona, può raggiungere vette artistiche di cromatismo, persino la presenza di fregi colorati. È interessante sapere che appena la sua tinta è cambiata verso colori più scuri, non le sarà più possibile tornare a quelli chiari. Però gestisce bene il colore giallo, che riesce a espellere con le feci. In questo caso troverà molto difficile riacquistare la tinta eliminata per sempre. Il maschio è piccoletto, però non si può dire stupido. La stagione giusta è proprio questo periodo di giugno. Per fecondare la femmina senza essere ucciso le sale velocemente sul dorso, dove lei non può raggiungerlo. Poi le striscia sotto da un lato, fecondandola con il metodo classico dei ragni. Visto il procedimento sicuro, tra un riposino e l’altro sempre sulla schiena della compagna, ripete l’operazione alcune volte e alla fine, soddisfatto, si allontana indisturbato. È quasi impossibile scoprire il nascondiglio dove lei deporrà le uova. Provateci, ma non ci riuscirete. Del resto è una specie di maga del mimetismo…
Per quanto riguarda la vittima, cioè la farfalla della foto, ormai destinata al patibolo, si tratta della specie Didymaeformia didyma, la Melitea Aranciata, appartenente alla Famiglia delle Ninfalidi, che comprende tra le più belle farfalle italiane. Diffusa in tutta Europa, non è comunque facile riconoscerla tra le specie consimili, tutte ornate di fregi molto somiglianti tra loro. Il fiore su cui si è posata non è la sua pianta nutrice, ma la sua pianta attrattiva, una di quelle che uso l’adulto per rifornirsi di energia. I suoi bruchi, invece si cibano di piante particolari, tra cui: Linaria vulgaris, Digitalis grandiflora, Digitalis purpurea e Valeriana officinalis. Il suo volo è da metà aprile a settembre.