Questa settimana avrei voluto sospendere l’attività del blog e mettere un banner che recitava più o meno così: chiuso per eccesso di puttanate viste al cinema.
Perché detesto recensire film brutti. Perché i film brutti parlano da sé, difficilmente vengono fraintesi, inutile quindi stare a ribadire l’ovvio, nemmeno per il sollazzo dei lettori che ghignano a sentir maltrattato questo o quel regista/attore.
Poi ho visto Thor: The Dark World. Alias Thor 2.
Che è piaciuto a un sacco di gente. Beati loro che ci sono riusciti, a farselo piacere, senza ironie.
Che secondo me è uno di quei casi di film brutto, ma del quale si ha una percezione diversa perché è Marvel e perché DEVE divertire e DEVE rispettare determinati canoni. Per forza.
Solo così può essere bello. Ovvero se girato ALLA MANIERA dei film Marvel.
Balle.
Questa è una regola non scritta, ossia una consuetudine, che vuole i film Marvel (Disney) destinati a far ridere, quando dovrebbero essere di intrattenimento.
La consuetudine non nasce legge. Ma lo diventa se glielo si permette.
E mi sembra che la strada sia ormai tracciata.
Siccome è un film Marvel, allora deve essere bello e figo per forza, non importa quanto possa ridicolizzare e tradire un personaggio, in nome non dell’intrattenimento, ma della risata.
Thor non DEVE far ridere. Si suppone debba intrattenere, anche un pubblico di bambini. Ma anche di adulti.
E intrattenere non vuol dire far ridere. Non vuol dire mostrare un tizio in mutandoni ascellari che abbraccia prima Natalie Portman e poi il dio Thor, nell’imbarazzo generale.
Non vuol dire Thor che presenta il Padre degli Dei (hai voglia a chiamarlo Re di Asgard per togliergli dignità, sempre il Padre degli Dei resta) a Natalie Portman come un adolescente goffo che porta a casa la fidanzatina.
Non vuol dire nessuna di queste cose.
Gli stormtrooper di Malekith
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Balle sono dire che il film è in linea con la Marvel, visto che la stessa Marvel, nella stessa testata The Mighty Thor ha pubblicato nel corso dei decenni storie molto più epiche.
E balle sono affermare che un qualunque film (della Marvel), per essere un buon film, debba rispettare determinati canoni.
Balle spaziali, poi, sono dire che le scenette comiche, che sistematicamente rovinano i bei momenti di pathos che pure la regia (e la sceneggiatura) riescono a creare, siano volontà del regista Alan Taylor, visto che già da un po’ gira voce che le stesse scenette siano state IMPOSTE al regista (che al contrario aveva intenzione di girare un film molto più serio, dati gli argomenti trattati, e le morti presenti in esso) dalle solite eminenze grigie che vogliono soltanto “film che facciano ridere”; facendo conseguire il tragico risultato che di fronte a un lutto ben recitato, cinque secondi dopo si sghignazzi per il succitato uomo in mutande che dispensa cazzate a destra e a manca.
Poi, parliamo del cast:
Odino lo fa Anthony Hopkins. Il risultato è, nonostante a Hopkins gli voglia bene, un nonnetto stanco con una benda spaziale sull’occhio, che è lì lì per chiedere l’accompagnamento per pagarsi una badante russa di trent’anni più giovane.
E non parlo dell’anzianità di Hopkins, ché il tempo passa per tutti e io lo stimo molto, ma del suo Odino.
Loki è Tom Hiddleston. E qui c’è poco da fare: è l’unico che ancora non ha dimenticato di essere un attore. È bravo, ed è riuscito a rendere celebre un personaggio antipatico (almeno nei fumetti). Tanto di cappello.
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Thor è Chris Hemsworth. E qui si capisce che l’abito non fa il monaco. Fisicamente è un Thor perfetto. Ma diciamo che una tavola a fumetti ha più espressività di lui.
Darcy è Kat Dennings. Ora, a parte il ruolo di discutibile spalla dispensa-cazzate, è un personaggio antipaticissimo, messo lì per tentare di vivacizzare una soporifera…
Jane Foster, ovvero Natalie Portman. Che recita ormai da quel paio d’anni con una perenne espressione da vergine sedotta e abbandonata, che è ormai convinta di aver messo il guinzaglio al dio del tuono, e di avere messo un’ipoteca bella seria su almeno metà dei beni della ricca Asgard, dovesse divorziare in un prossimo futuro. Tra l’altro, schiaffeggia tutti quelli che le capitano a tiro. Più antipatica di Lori di The Walking Dead.
E vogliono darmi a bere che Thor possa preferire lei a Sif/Jaimie Alexander? Altro personaggio sprecatissimo, attrice compresa. Sif appare infatti come una scema ossessionata dalla guerra.
Anche qui, se permettete, posso affermare che la Sif del fumetto è un tantino più complessa e profonda.
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Ma che c’avrà Natalie più di me?
Ce lo chiediamo in tanti…
Insomma, per concludere, la tragedia (?) di solito associata a Thor non esiste. Ed è bene che non esista. Perché al massimo per Thor e gli dei norreni si dovrebbe parlare di epica.
Cosa che Branagh (regista del primo Thor) non sa nemmeno dove sta di casa, infatti ha tentato di contaminare Thor con tematiche shakespeariane che fanno ridere i polli, perché del tutto inadatte al contesto, e Taylor, poveretto, ha dovuto chinare il capo e infarcire il suo pur buon film di cazzate comico-demenziali e battutine sceme per soddisfare i Cinque della Mano di Dio.
Perché il pubblico deve ridere, coi film della Marvel.
Altrimenti non sono film della Marvel.
Inutile considerare che Thor è diverso da Tony Stark, o da Capitan America, o da Bruce Banner.
Thor ha una sua dimensione aliena che pretende di essere mostrata, e non gettata in caciara, con le torrette laser montate sui torrioni di Asgard e con le battaglie tra caccia stellari, a colpi di laser rossi, che pareva che da un momento all’altro dovesse uscire Darth Vader, altro che Malekith.
Già, Malekith…
No, vabbé, lasciamo stare.
E quindi niente, Thor: The Dark World è un film buono solo se vi piacciono le lucette, i raggi laser e la commedia demenziale/romantica, del tipo che se al posto di Natalie Portman avessero scritturato Jennifer Aniston il film sarebbe stato bellissimo, e sono serio anche qui.
Oppure buono se vi piace Natalie Portman e siete disposti a tollerare un personaggio con l’aria da beata che ce l’ha solo lei.
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