Siccome l’intelligentissimo Lilian pensa che non si debba lottare contro il razzismo ma che sia necessario passare attraverso l’educazione ad un nuovo modo di pensare, ha scritto “Le mie stelle nere”, una raccolta di personaggi neri (non di colore ama precisare) che hanno fatto la storia e che comincia da Lucy ed arriva a Barack Obama.
“Quando vado nelle classi di bambini, loro mi dicono che riconoscono quattro tipi di razze: nera, gialla, bianca e rossa”, ha raccontato Thuram, “Dei neri sanno che sono i più veloci, più forti fisicamente e cantano meglio di tutti. I gialli sono forti in matematica e campioni di ping-pong. Ai bianchi riesce bene un po’ tutto quello che sanno fare le altre due razze, mentre dei rossi non sanno niente, anche perché in Francia non si vedono più film alla tv sugli indiani d’America. Ma qualcuno, ha detto loro che quelli sono i rossi… Noi dobbiamo cambiare questa prospettiva della divisione, dobbiamo educare le persone fin da piccoli, anche perché i bambini sanno stare insieme senza provare paura per le loro differenze. E poi i bimbi vedono cose che noi ignoriamo…”.
La sua nuova Coppa dei Campioni è ambiziosa: destrutturare culturalmente il razzismo. Mostrare che chi si mette sopra gli altri è soprattutto ignorante. “Non esiste una gerarchia naturale. Discendiamo tutti dall’homo sapiens, parlare di società multirazziale è sbagliato, caso mai multiculturale. I neri sono stati scienziati, dottori, esploratori, poeti, ricercatori. Ma non ce lo raccontano mai. Hanno inventato tra l’altro il semaforo, l’asciugatrice, la trasfusione di sangue, il floppy disk. Da piccolo volevo fare il prete, ho cambiato idea quando ho saputo che non potevano sposarsi. Ho chiamato il mio primogenito Markus in onore del leader giamaicano Garvey e il mio secondo, Khephren, perché i faraoni avevano la pelle scura. Nel 2008 sono stato al funerale di Aimè Cesar, poeta e politico della Martinica. Scriveva che si può continuare a dipingere di bianco i tronchi degli alberi, ma le radici restano nere. Mi sono avvicinato alla bara e gli ho detto: “Può andarsene in pace, perché ha educato un’intera generazione”.
Pochi sono in grado di essere campioni dopo il ritiro dal prato verde, Lilian Thuram è il prototipo di questa nuova specie di calciatore.