Potremmo dire: era ora. Anche i negozi di abbigliamento hanno deciso da qualche tempo di aderire a campagne di riciclo di abiti e, in qualche caso, accessori, dismessi, per supportare campagne no profit e incentivare gli acquisti “del nuovo” presso i loro punti vendita.
Vogliamo scusarci per la presenza di virgolettati all’interno di questo articolo, ma esprimiamo così la nostra perplessità di fronte a questa iniziativa che, a nostro avviso, assume i contorni di una mera strategia di marketing.
Questi brand si legano, quindi, ad associazioni spesso molto note, a cui verranno consegnati borsoni di gonne, vestiti, borse, per comunicare al consumatore: Quanto siamo bravi, ci prendiamo carico di questa incombenza. Se lo fate, vi regaliamo 5 euro, ma attenzione dovete spenderne almeno 40. Come se 40 euro al giorno d’oggi fossero noccioline.
Non vogliamo fare alcuna riflessione in proposito. Permetteteci una critica, invece. Se questi brand, tra l’altro che godono di ottima visibilità sul mercato, grazie a collezioni che sempre e non si sa come centrano i gusti del pubblico femminile, hanno realmente bisogno di “incassare” di più, perché devono celarsi dietro la facciata di benefattori per poi di fatto non aver concluso poi molto? Insomma quanti di noi portano i propri abiti a parrocchie, enti no profit o centri di raccolta?
Noi di Moda e Style siamo clienti di questi negozi o grandi magazzini, li ringraziamo soprattutto perché in questo periodo di saldi finali ci svendono capi da 30/40 euro a 5 euro, consentendoci di fare davvero dei buoni investimenti per noi e le nostre famiglie. Ma, grazie alla possibilità di fare informazione, oltre a tutto il resto, chiediamo a questi marchi/catene di essere più trasparenti e non usare iniziative e associazioni no profit per attirare a se un maggior numero di clienti e auspicare guadagni più lauti.