Quando siamo assorti o sovrappensiero abbiamo tutti la stessa faccia, poi dentro le cose cambiano, è facile anche scambiare la trance da preoccupazione in cui si cade con un banale pseudo-svenimento da sonno o il classico non sto pensando a niente di cui i maschi sono spesso accusati dalle partner nei momenti in cui, invece, ci si dovrebbe figurare il futuro di vita insieme. Ma sappiamo tutti che è impossibile non pensare a nulla, e negli spazi pubblici, un treno, per esempio, se si potessero amplificare le elucubrazioni con qualche sistema che sono certo prima o poi sarà inventato, ci sarebbe un chiasso che sancirebbe l’estinzione di chi vuole semplicemente leggersi qualche pagina di un buon libro. Ma magari quando ci sarà quel domani i libri li avranno bruciati tutti, secondo come andranno le cose. Ci sarebbe comunque di tutto. Qualcuno che ripercorre l’esito della serata precedente o che pianifica la successiva, ovvero pensieri che sanno di freschezza e gioventù, di amori in formazione o di rapporti logorati ma facilmente intercambiabili, e come biasimarli. La scansione mentale dell’agenda della settimana, se è una mattina come questa di lunedì, gli impegni che scendono come blocchi colorati di videogiochi in cui gli incastri ti fanno guadagnare punti e di conseguenza le speranze di accelerare l’arrivo del fine settimana il più vicino disponibile. “Che cosa gli preparo stasera?”, ci sembra di sentir domandare a interlocutori invisibili da riflessioni mica tanto scomposte. Ma ecco che su tutti si vede una specie di astronave come quelle che ingombrano gli schermi cinematografici, con quell’effetto che sembra che ti passi sopra e il rumore che poi non ha senso, è un errore, nel vuoto dello spazio astrale i suoni non si trasmettono. Lì dentro, in una specie successione di gradi di separazione tra l’individuo e la catastrofe, ci sono un padre molto anziano con un principio di Alzheimer, una causa legale che si trascina da anni, le paure per il futuro di una figlia, la precarietà di un sistema globale che si avvia al collasso, i Maya e le cavallette e puf. Un soffio di vento spazza via quella coltre di proiezioni, uno dei tanti assorti si riprende, qualcuno gli ha chiesto un’informazione, ed è meglio così. Siamo già in troppi e alla fine, a pensare troppo, manca l’aria.
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ti ho riconosciuto, sei quello con tutta quella roba sopra alla testa
Creato il 03 febbraio 2014 da Plus1gmtPossono interessarti anche questi articoli :
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