Magazine Palcoscenico
li hai cinque minuti per leggere? Ecco il racconto del mio giorno ad Arezzo Wave…
Sabato 14 luglio 2012, mattina.
La mattina del giorno wave ha ritmi netti e passi consolidati: revisione delle parti per il concerto - anche se sarà un concerto breve, solo 35’; organizzazione dell’abito di scena; clarone e sax davanti al portone di casa con tutto il necessario: ance, accordatore, parti; doccia e barba, come prima d’un matrimonio… anche se il braccialetto del Love Festival impregnato d’acqua al polso mi ricorda che non ci sarà il riso, certo, ma non sarà uno scherzo. Siamo sul Main Stage di Arezzo Wave!
Ecco, questa è una di quelle cose su cui non avrei scommesso, su cui non avrei puntato nemmeno il nocciolo di un pensiero… non dico di un desiderio. Il Main Stage di Arezzo Wave. Roba grossa. Roba da nomi che fanno il giro delle riviste. Impensabile immaginarselo nei tanti anni della giovinezza e oltre passati sotto, ad acclamare, ad applaudire e a cercare di tapparsi le orecchie - non per la qualità… anche se a volte… quanto per la quantità dei suoni sparati sul prato dello Stadio Comunale d’Arezzo. E poi in quegli altri anni d’esilio, in giro per l’Italia, per l’Italia Wave… Impensabile ma alfine… realizzabile, come ogni cosa degna di desiderio su questo mondo.
Pranzo leggero e via in scooter direzione Entro-di-un-passo-nella-storia-del-festival-e-di-un-passo-ancora-nella-storia-della-mia-città.
Ore 14.
Il soundcheck di Arezzo Wave è un orologio perfetto: organizzazione ferrea, rapidità, consapevolezza. Riparati dal salotto enorme del Main Stage, coi fari sulla testa, mentre fuori sole e vento giocano a nascondino (e cercano di coinvolgerci travolgendo leggii e spartiti) e il direttore di palco ci ricorda le prerogative acustiche di un festival che prevede più gruppi su uno stesso palcoscenico in una sola serata, assistiamo e aiutiamo nella disposizione di sedie, leggii, microfoni. Un’ora per l’allestimento, 35 minuti per il soundcheck individuale, 20 minuti per provare gli attacchi e i suoni: alle 15:55 siamo a posto, alle 16:00, come previsto, siamo fuori dal palcoscenico, appesi al tempo.
Ore 16.
L’ingresso ai camerini del Love Festival, posti all’interno degli spogliatoi dei calciatori aretini, ci guida a una sorpresa: Mario Hair Art ha allestito un piccolo set e tra lui e i suoi assistenti ci sono tante forbici arrotate quanti capelli da tagliare. Pensando al matrimonio di prima e alla strana occasione - non capita spesso d’avere l’omaggio di uno specialista al servizio dei propri capelli - mi accomodo davanti allo specchio di Mario insieme a una buona parte dei musicisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo. E così passa il resto del pomeriggio nell’attesa del concerto con due sole piccole storture del naso: il camerino a nostra disposizione, una stanzetta, è piccolo e con un solo tavolo… difficile disporre tutti i nostri strumenti tanto che si rendono necessari dei turni…; i bagni sono tristi, bui e fuori dagli spogliatoi dello stadio… non c’è da crederci che i calciatori facciano tanta strada sotto il gelo, d’inverno, per andare a pisciare… che fine hanno fatto i bagni veri? Nessuno li trova! Riusciamo però a trovare delle bottigliette d’acqua che sistemiamo ben bene in camerino: il concerto prosciuga! In compenso birra e vino, superata la soglia tra artisti e spettatori, costano la metà meno anche se il vino ha un solo meraviglioso colore: rosso Chianti.
Ore 18:30.
Convocazione generale. Siamo ormai tutti alla base dell’enorme salita che conduce al palcoscenico mentre s’inizia ad intravedere gente all’interno dello stadio: s’aprono le bancarelle, si riscaldano i bracieri, si rinfrescano le birre, si rinforzano i muscoli degli addetti alla sorveglianza degli accessi alle zone limitate. Un uomo staff saltellante si precipita a controllare il mio pass: il vento l’ha rivoltato e non si capisce se è un pass tale da lasciarmi passare in quella specifica area accanto al Main Stage oppure no. Poi si scusa. Nell’attesa dell’apertura dei cancelli e delle “trasmissioni” qualche foto di rito per non dimenticare il buon momento tra ansia, emozioni e divertimento mentre un altro uomo staff meno saltellante del primo, già con gli strumenti in mano, ci spiega che per uscire ed entrare dai camerini, oltre al solito braccialetto al polso, è indispensabile mostrare il pass. Il ché mi pare assai curioso: ammesso e non concesso che avendo un sax contralto in una mano e un clarinetto basso nell’altra, dovendo anche giostrarmi con il quaderno delle parti, non sia facile tenere bene in vista il pass… - fortuna che poi mi viene in aiuto il nostro straordinario tablista! - ma qual è quel tizio sballato che si presenta davanti al Main Stage di un Festival con i suddetti strumenti in mano senza alcuna necessità d’esibirsi né convocazione? Pur ammettendo che sia possibile… è mai accaduto?
Ore 19:45.
Disceso il primo gruppo rapido cambio palco e via. I nostri leggii sono ancora lì ma davanti, sul prato travestito di plastica, la scena è cambiata. Un nutrito gruppo di spettatori è già sotto palco. Sono freschi, sono leggeri, sorridono e fanno fotografie. C’è qualche amico venuto a rivedere l’OMA nella sua città, in un così prestigioso scenario, ma in maggioranza sono volti sconosciuti che verrebbe voglia di fotografare uno ad uno per non dimenticarseli. Verrebbe ma… ci vorrebbe troppo e non è tempo per le fotografie! È tempo di musica, quella vera, quella nostra. E ne approfittiamo. E ce lo giochiamo tutto. In alto le mani, amici belli: sul palco c’è Miserlou!
Ore 20:30.
A concerto finito 30’ imposti per svuotare il camerino, anche dall’adrenalina avanzata, e via a cena nell’adiacente campo da baseball: gnocchi al pesto, brasato con piselli, fetta di cocomero. Il Main Stage continua a lanciare note come biglie che rotolano in ogni dove ma le nostre orecchie non ascoltano ormai che i nostri racconti: di ciò che è stato, di ciò che sarà e di che musica, domani, si suonerà. Un domani che è già più vicino di quanto sembra: domenica 5 agosto 2012 a Cortona (AR) per il nuovo Mix Festival!
Altre foto dell’attesa e del concerto seguendo il link all’album fotografico su Picasa. Grazie, mio buon Lettore!
Curiosità: ad un certo punto, durante il concerto, s’è messo a piovere. Poche gocce d’acqua che dal palco, riflesse da fari e controluce, parevano avanzi di stelle, molliche di nuvole, sfarinatura brillante di un qualche pianeta al femminile, amante di trucchi e belletti. Per una coppia previdente di giovani forse d’altri tempi è stata l’occasione per aprire l’ombrello e ballare quasi con un solo corpo, come riparato da una piccola capsula del tempo. L’ombrello, unico tra il pubblico, fungeva da capsula ma noi siamo stati il loro personalissimo “tempo” romantico. Non è cosa da poco!
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