Verso la fine degli anni 90 uno dei modi più diffusi di perdere tempo in ufficio prima che i social network irrompessero con tutta la narrazione della loro indispensabilità negli ambienti professionali, tesi che ha convinto aziende di tutto il mondo a lasciarli utilizzare in orario di lavoro ai propri dipendenti dimezzando così produttività e profitti e causando gran parte della crisi economica a cui stiamo assistendo e, anzi, favorendo persino la nascita e la consacrazione di figure specializzate ad essi dedicati, dicevo che ai tempi uno dei modi più diffusi di perdere tempo in ufficio si chiamava ICQ.
ICQ se non ve lo ricordate è stato uno dei primi sistemi di instant messaging – aveva un logo a forma di fiore – che ci consentiva di chattare con cani e porci in tutto il mondo, a partire dalla collega piaciona nella stanza accanto fino alla sconosciuta dall’altra parte del pianeta, almeno fino a quando la sconosciuta dall’altra parte del pianeta non ci mandava la sua foto e l’incanto generato dalle bellissime parole scambiate svaniva in un clic. Non so quanto la cosa vi prendesse, so di gente che aveva un roster di contatti di tutto rispetto che si estendeva persino ai limiti del lecito comprendendo conversazioni in tempo reale con dubbie studentesse nigeriane pronte a emigrare dal centro di Lagos a qualche periferia del vecchio continente in cambio di non si sa bene cosa. Perché se non spuntavi il check box che ti immetteva nel sistema di collegamento random con i perditempo di tutto il mondo era facile essere bersaglio dei cercatori di chat, con tutto il fascino romantico del venire contattato da gente mai vista in cerca di avventure sul web. M o F? Da dove digiti? Mi mandi una foto?
Nel mio piccolo ho avuto qualche scambio di battute con una deliziosa parigina e una invasata di musica elettronica della periferia di Sydney, Australia. Per il resto, anche ICQ è stato quasi immediatamente preso d’assalto dall’universo di pornografi dell’Internet, ci voleva poco per vedersi recapitare immagini esplicite indipendentemente dai propri gusti sessuali e in grado di costituire un pericolo per la propria reputazione professionale. I neofiti della chat in ufficio erano comunque i primi a essere sgamati. Non disattivavano l’audio e così gli ambienti aziendali erano invasi del celeberrimo suono che avvisava del messaggio recapitato. E allora tutti a osservare il destinatario testé diventato rosso per un misto di vergogna ed eccitazione dovuta alla smania di leggere la risposta alla domanda più antica del mondo.