Recensione del film Suite francese di Saul Dibb
Tratto dal romanzo incompiuto di Irène Némirovsky, una scrittrice ebrea nata a Kiev, che aveva fatto della Francia la sua patria. Morta ad Auschwitz a 39 anni non ha fatto in tempo a completare l’opera, rimasta nei cassetti per sessant’anni, e pubblicata nel 2004 grazie alle figlie.
L’autrice del libro contrappone una storia d’amore impossibile, coinvolgente, passionale e delicata alla bassezza, alla crudeltà e alla disperazione umana durante l’occupazione nazista della Francia nel 1940.
In qualche modo questo film mi ha ricordato il romanzo “Tutta la luce che non vediamo” di Anthony Doerr dove l’autore raccontava i punti di vista di una bambina francese ed un bambino tedesco durante la seconda guerra mondiale. Ora i protagonisti di Dibb sono una donna francese e un tenente nazista…quasi come se quei bambini fossero cresciuti.
Ed io ritrovo in questo film come nel libro di Doerr la paura e la speranza in un mondo che si fa a pezzi dove la nazionalità dei protagonisti è oltraggiata allo stesso modo! Vittima del destino, della crudeltà, dei sogni infranti, della rassegnazione, della sottomissione, della sfida. L’immagine di un mondo al massacro dove però qualche cuore riesce a battere, dove qualche mente non smette di ragionare e dove rimangono istanti nei quali commuoversi.
Ragione e sentimento nemici-amici. Amore come ultimo rifugio di un attimo rubato di gioia e bellezza, un altrove lontano dalla solitudine di Lucile, la protagonista intrappolata in una vita non sua. L’interpretazione di Michelle Williams è intensa, introspettiva; nei suoi lineamenti, tra le sue labbra, nello specchio dei suoi occhi si possono leggere le infinite sfumature delle sue sensazioni, emozioni, paure, passioni, sensi di colpa, coraggio.
Si innamora di lei il tenente nazista Bruno Von Falk interpretato da Matthias Schoenaerts che ci dona un’interpretazione altrettanto forte e ricca di sentimenti leggibili nel volto e nella postura.
Altra interprete è la suocera di Lucile, una Kristin Scott Thomas (interprete di un altro film tratto da un libro ambientato nel medesimo periodo storico: “La chiave di Sarah”) che recita perfettamente la parte della suocera dispotica e algida ma che lo strazio della guerra addolcirà.
Il popolo francese subisce un’invasione e va allo sbando offrendo il lato migliore e peggiore di sè ma non è forse lo stesso anche per le truppe tedesche? Reazioni individuali, comportamenti di gruppo, accettazione, sopportazione, ribellione, compromessi
Un altro protagonista è il pianoforte, le note, la musica che fa da contraltare alle armi, agli orrori, alla devastazione. La colonna sonora riassunta nel brano leitmotiv del film, composto da Alexandre Desplat, dona spessore e delicatezza alla pellicola.
Dibb ha saputo rendere al meglio la capacità della Némirovsky di tratteggiare l’animo umano cogliendo le più piccole pieghe emozionali, in bilico tra sentimenti positivi e negativi, tra il vorrei ma non posso, tra il desidero ma non dovrei.
Amore versus odio, vita versus morte.
Un angolo, un ritaglio, un’ombra, una luce, una speranza, un segreto contro l’odio e l’ingiustizia verso la vita e la giustizia.
Una storia dove ognuno di noi può ritrovarsi assolvendo e comprendendo “il sentire”che lacera e al tempo stesso sorprende e vivifica.
Una dichiarazione d’amore in musica tra il frastuono delle bombe e degli spari.
“Per tre mesi avevamo vissuto l’uno accanto all’altra, ora non avremmo più trattenuto i nostri sentimenti, che gli altri combattano e si odino se lo vogliono, ma lasciate in pace noi”.
Buona visone!
Stefania Ghelfi Tani