Il risultato delle simulazioni: a destra, la distribuzione in falsi colori della distribuzione dell’idrogeno. Credit: Matteo Tomassetti, University of Bonn
Vuoi sapere se una galassia distante ha idrogeno molecolare? E allora devi escogitare un trucco: cercare il carbonio neutro.
Non è uno scherzo visto che siamo nel periodo di Halloween, durante il quale scherzi e trucchetti regnano, ma del nuovo approccio scientifico su cui un gruppo di astrofisici, guidati da Cristiano Porciani dell’Università di Bonn, stanno lavorando allo scopo di studiare le galassie più distanti e più remote dell’Universo.
Le difficoltà maggiori per studiarle riguardano essenzialmente la radiazione elettromagnetica, da cui deriva tutta l’informazione che gli astronomi sono in grado di codificare, in quanto essa si attenua nel corso dei miliardi di anni che trascorrono prima di essere captata dai telescopi a Terra.
A questo si aggiunge che poiché le molecole non emettono radiazione, risulta difficile stimare la quantità di idrogeno molecolare presente in questi oggetti lontanissimi. Questo non ferma gli scienziati a cui preme conoscere la distribuzione di questo mattone fondamentale da cui si originano nuove stelle: infatti, la sua presenza in una galassia, e quindi la sua quantità, rappresentano un indicatore del ritmo con cui si formano le stelle.
«Osservare una galassia è come osservare una lampadina. Se la lampadina è vicina veniamo abbagliati dalla luce ma se la mettiamo a grande distanza non la vediamo quasi più», spiega a Media INAF Matteo Tomassetti, studente di dottorato presso l’ Argelander-Institute for Astronomy of the University of Bonn e autore principale dell’articolo apparso su MNRAS.
Dunque, per determinare la presenza dell’idrogeno molecolare in una galassia distante, gli astronomi utilizzano una sorta di “trucco”. «Dato che la molecola dell’idrogeno molecolare non emette spontaneamente radiazione, se non in condizioni molto rare, risulta difficile quantificarne la sua presenza», continua Tomassetti. «Per ovviare a questo problema i ricercatori utilizzano altre molecole, come ad esempio quella del monossido di carbonio che è la seconda molecola più abbondante. Tuttavia, si tratta di una procedura complessa e spesso soggetta a errori, mentre invece l’emissione di radiazione dovuta al carbonio neutro ci permette di definire meglio la presenza dell’idrogeno molecolare».
I ricercatori, però, devono affrontare un altro ostacolo. Infatti, la radiazione del carbonio neutro viene quasi interamente assorbita dal vapor acqueo presente nell’atmosfera terrestre, comportandosi da filtro un po’ come quando indossiamo un paio di occhiali scuri per proteggerci dai raggi solari. «Dobbiamo ricorrere a strumenti molto sensibili e al momento ALMA è il miglior telescopio per fare questo, soprattutto perché si trova ad una quota di 5000 metri per cui l’assorbimento delle onde sub-millimetriche da parte del vapor acqueo è ridotto al minimo. Perciò le osservazioni future di ALMA ci permetteranno di determinare con una migliore precisione le proprietà del gas quando l’Universo era ancora giovane», conclude Tomassetti.
Per Cristiano Porciani si apre però una nuova finestra di studio verso l’esplorazione dell’Universo primordiale sottolineando come questa ricerca possa avere un forte impatto nell’ambito dell’astronomia osservativa poiché permetterà di ricavare preziosi indizi sull’origine ancora non completamente nota delle galassie.
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Fonte: Media INAF | Scritto da Corrado Ruscica