Una silloge di scritti inediti che continua quella scrittura infinita che è l’opera di Giorgio Manganelli. Tanti sono i riferimenti, i punti di tangenza, le ascendenze che prendono forma e vita quando ci si avventura (perché di vera e propria avventura si tratta) nel mondo letterario e virtuosamente virtuale dell’Autore di Hilarotragoedia. Un paesaggio onirico, venato da incursioni dotte, ciniche, lussuose e mirabolanti. Franz Kafka seduto silenziosamente accanto ad un sornione Jorge Luis Borges, mentre Ennio Flaiano fuma il toscano con aria indifferente alle spalle di un Achille Campanile che si crede un intruso e, a guardar bene, forse alla parete è appesa anche l’effigie di Antonin Artaud. Un parterre des rois che presiede ad una affascinante affabulazione; affabulazione che si snoda immersa nella scenografia, a volte granguignolesca, a volte eterea, di una sorta di museo anatomico delle nostre anime alle quali Manganelli, con consumata sapienza, fa assumere pose inquietanti, come quelle che assumono gli Scorticati di Fragonard.Non si resti stupiti da Ti ucciderò mia capitale. Non è una scoperta che confligge con l’opera manganelliana perché semplicemente ne rappresenta la naturale prosecuzione. Prosecuzione verso il compimento di quella narrazione radente che, alle trame artefatte e artificiose, preferisce di gran lunga la ricerca di quel ritmo e di quella armonia che altro non sono se non il rumore sottile della prosa. Un libro.Ti ucciderò mia capitale, di Giorgio Manganelli, (Adelphi).
Magazine Cultura
Ti ucciderò mia capitale, di Giorgio Manganelli (Adelphi)
Creato il 11 agosto 2011 da Angeloricci @angeloricci
Una silloge di scritti inediti che continua quella scrittura infinita che è l’opera di Giorgio Manganelli. Tanti sono i riferimenti, i punti di tangenza, le ascendenze che prendono forma e vita quando ci si avventura (perché di vera e propria avventura si tratta) nel mondo letterario e virtuosamente virtuale dell’Autore di Hilarotragoedia. Un paesaggio onirico, venato da incursioni dotte, ciniche, lussuose e mirabolanti. Franz Kafka seduto silenziosamente accanto ad un sornione Jorge Luis Borges, mentre Ennio Flaiano fuma il toscano con aria indifferente alle spalle di un Achille Campanile che si crede un intruso e, a guardar bene, forse alla parete è appesa anche l’effigie di Antonin Artaud. Un parterre des rois che presiede ad una affascinante affabulazione; affabulazione che si snoda immersa nella scenografia, a volte granguignolesca, a volte eterea, di una sorta di museo anatomico delle nostre anime alle quali Manganelli, con consumata sapienza, fa assumere pose inquietanti, come quelle che assumono gli Scorticati di Fragonard.Non si resti stupiti da Ti ucciderò mia capitale. Non è una scoperta che confligge con l’opera manganelliana perché semplicemente ne rappresenta la naturale prosecuzione. Prosecuzione verso il compimento di quella narrazione radente che, alle trame artefatte e artificiose, preferisce di gran lunga la ricerca di quel ritmo e di quella armonia che altro non sono se non il rumore sottile della prosa. Un libro.Ti ucciderò mia capitale, di Giorgio Manganelli, (Adelphi).
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