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Tic tac

Creato il 28 settembre 2012 da Pythia
Non so se sia per indole o per educazione, fatto sta che mi ritrovo spesso nell'incapacità di far valere i miei diritti con persone che conosco. Con gli sconosciuti non ho problemi, forse perché so che potrei non rivederli più - mentre con chi frequento più o meno spesso fatico a chiedere, nel timore di essere di disturbo.
Sicuramente i miei mi hanno inculcato la sopportazione e la tolleranza, che fino a un certo punto vanno bene, ma oltre non sono di alcuna utilità, anzi. Perché devo rimetterci io, se un altro è incurante dei miei spazi?
Così capita che per il terzo inverno io mi ritrovi a maledire l'inquilina del piano di sopra, signora peraltro educata e disponibile - entro certi limiti. Parlo di inverno perché nella stagione calda, con le finestre aperte, l'acustica è decisamente diversa: chiudendo i vetri, i rumori esterni di sottofondo che coprono quelli provenienti dal condominio vengono esclusi, permettendo di sentire telefoni che squillano, ascensori che tintinnano, dialoghi a voce sostenuta. Routine da condominio, nulla da eccepire.
Se non fosse per quel dettaglio della condomina del piano di sopra.
Che ha il vizio di mettere i tacchi.
Dalle 7.45 alle 8.00 del mattino.
Ora, chi vive in condominio sa che ci sono degli orari da rispettare per non arrecare disturbo ai vicini, di solito il silenzio è imposto tra le 13 e le 15 e tra le 23 e le 8, suppergiù.
Io sono quella che si sente in colpa se la lavatrice finisce il ciclo alle 23.15, trascorrendo quei 15 minuti in ansia col terrore che qualcuno mi suoni il campanello, o, peggio, si rivolga direttamente all'amministratore condominiale. Nonostante la mia lavatrice sia silenziosissima e non abbia nessuno che abita né di fianco, né di sotto.
E sono purtroppo quella che in due anni e mezzo non ha mai avuto il coraggio di chiedere alla sciura di sopra di evitare i tacchi, la mattina presto - che è pure inspiegabilmente l'unico momento in cui li usa.
All'inizio dicevo "non glielo faccio presente perché sono nuova, non voglio farmi notare per essere la rompiscatole di turno", poi "è passato un po' di tempo, gliel'avrei dovuto dire prima, mentre adesso sembra quasi una ripicca". 
Nei periodi in cui lavoravo, la cosa passava inosservata perché ero già in giro per casa tra colazione e vestizione. Ora invece posso stare a letto un po' di più - anzi, direi che devo, vista la mia situazione - e quel tic tac me lo godo tutto. Dormissi bene, poco mi importerebbe di anticipare la sveglia - ma ho la schiena che mi fa impazzire (sono un catorcio!) quindi spesso e volentieri me ne resto a letto a recuperare quel po' di sonno perso nel rotolarmi alla ricerca di una posizione indolore per schiena e panza.
Così ogni mattina tic tac tic tac. Per dieci insulsi minuti, proprio quelli in cui il sonno o torna o se ne va definitivamente.
Continuasse per tutta la mattina capirei, ma puntualmente alle otto la pianta.
Tic tac tic tac tic tac.
La tentazione di prendere una scopa e martellare il soffitto è sempre più forte - ma non sta bene!, mi pare di sentire la voce di mia madre.
Così forse farò quello che già mi era passato per l'anticamera del cervello: lasciare davanti alla porta della signora un pacchetto anonimo, contenente un paio di pantofole. Di spugna.

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