Quest’anno la rappresentanza del Bel Paese era piuttosto nutrita, sette erano i titoli migrati nel nuovo mondo su cui sono state riposte le speranze di tutti noi di esportare il lato buono del nostro cinema. Direttamente da Venezia 70 è arrivato anche “L’Intrepido” di Gianni Amelio, un vero one man show che ruota esclusivamente attorno al personaggio interpretato da Antonio Albanese. Il poliedrico attore impersona un uomo di mezza età, modesto ma intraprendente, che non permette alla sfortuna di averla vinta e, piuttosto che bivaccare sul divano lamentandosi della disoccupazione, delle donne e della politica, s’improvvisa tappa buchi. Il mestiere svolto dal nostro eroe è, infatti, quello del vero e proprio rimpiazzo dell’ultimo minuto, sostituendo a ore e/o giornata le persone che, a causa di impegni o malattie improvvise, devono assentarsi dal posto di lavoro. Alle sue spalle una sorta di “agente” dagli affari non troppo trasparenti, che lo sfrutta e paga un po’ quando vuole, tanto sa che l’uomo non può restare inoperoso, ma che alla fine è l’unico a dargli una mano.
Favola triste, molto attuale, parabola di chi, con grande dignità, si trova ad attingere alla più sfrenata fantasia per affrontare le situazioni imbarazzanti che l’attuale crisi economica ha creato. Albanese è un buon attore ma questo film non gli rende giustizia, qualcosa non convince, manca il guizzo: il ritmo è blando, i dialoghi sono scarni, le inquadrature sono ricche di particolari che non aggiungono nulla alla trama o allo spessore dei personaggi e le situazioni che sappiamo essere amaramente reali mancano di spontaneità e fluidità. Tutto è caricaturale e privo di naturalezza, l’espressione del protagonista in alcuni passaggi appare inopportuna e in altri sembra addirittura inebetita.
Foto di © Claudio Iannone
Dopo quaranta minuti la storia sta ancora cercando una direzione e anche le nostre ultime certezze crollano, col risultato che a molti cala la palpebra. Non capisco più dove sia finito il messaggio, quale sia la fotografia su cui Amelio voglia farci meditare e non comprendo perché ci metta così tanto ad arrivare al dunque. Nel mentre, i sospiri in sala iniziano a essere sempre più insistenti e noi non sappiamo più che pesci pigliare, soprattutto perché prima di iniziare condividevamo le aspettative di molti: anche noi siamo tra coloro che erano convinti di andare a vedere una frizzante dramedy e si sono trovati spiazzati di fronte ad un malinconico e grottesco racconto tutto maschile, in una fatiscente e anonima Milano.
Ancora una volta, la mia coscienza mi stava mettendo in guardia dall’ennesima opera che avrebbe potuto essere ciò che non è: “L’Intrepido” è un film un po’ così, noioso, col profumo di già visto. Attualmente al cinema anche da noi.