Da piccola ero proprio una bella bambina, una di quelle che la gente si mangia di baci e di pizzicotti apostrofando la madre con un “ma le dovrebbe far fare pubblicitàààà!”
Bella paffuta, coi capelli lisci in un ordinato paio di trecce e due occhi nocciola da svenire.
Avevo anche la pancia che seduta mi faceva tre piegoline, manco fossi stata la protagonista di una foto di Anne Geddes. (Ndr. Oddio, le piegoline ci sono ancora, porca di quella zozza troia ladra).
Nonostante il mio aspetto bucolico ed i vestitini floreali che mia madre mi propinava, avevo già da allora un pessimo carattere.
Tignosa, testarda e pienamente convinta di avere sempre ragione, non accettavo risposte negative. E se ciò accadeva non piangevo e non facevo capricci, no.
Me la segnavo.
Proprio come ora.
Mia madre racconta sempre un simpatico aneddoto sulla mia infanzia.
Avevo due anni e mezzo ed ero al mare con i miei genitori. Per cercare di contrastare la mia vocazione a giocare da sola, mia madre aveva fatto conoscenza coi vicini di ombrellone, milanesi e dotati di un pargolo di circa quattro anni di nome Simone.
Come non fare amicizia? Perché non fate una bella buca insieme? Eccerto. Se non fosse che il simpatico meneghino non avesse proprio doti da ingegnere edile e continuasse a buttare sabbia nella buca e a farne crollare le pareti.
Io ero più brava, per dire.
E poi l’avevo iniziata a fare con mio padre e quindi era MIA.
Ve l’ho detto che sono competitiva dalla nascita?
Così, all’ennesimo sconfinamento del piccolo Simone, con stizza gli ho gettato un po’ di sabbia negli occhi. Non molta, poca. Ma tutta in faccia. Sulla prime lui tace, ma quando crolla ancora un po’ la buca e io colta dalla disperazione ripeto il gesto di stizza, lui inizia a piangere e corre dalla madre.
“Mamma, mamma! Phoebe mi getta la sabbia negli occhi!!”
Io mi esibisco nello sgranamento occhioni nocciola (il Gatto con gli stivali mi ha copiato, voglio il copyright) e la madre ci casca: “Ma amore, sarà stato un incidente! E’ così buona lei!” e mi sorride.
Sì sì, certo.
Gli asciuga le lacrime e lo rimette a sedere sull’argine della buca.
Lui mi guarda col labbro tremulo, io con lo sguardo della morte e la paletta in mano.
Mia madre scuote la testa, mio padre invece tutto tronfio della determinazione della propria prole ricomincia a leggere il giornale.
Il bimbo, titubante, rimane immobile per l’ora successiva.
Ecco, i maschi bisogna educarli da piccoli, dico io.
Col passare degli anni non sono certo migliorata, anzi. Secondo mia madre quando la gente non fa come dico io e me la piglio mi esibisco nello stesso identico sguardo in sottecchi, che in realtà e un misto di determinazione e follia omicida inespressa.
Da allora Simone non l’ho visto più.
Sicuramente da grande sarà diventato un tronista sciupafemmine e rincitrullito, se lo avete incontrato nell’arco della vita me ne scuso.
Oppure s’è fatto prete, che ne so.
In ogni caso Simone, se mi leggi… perdonami!