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Timbuktu

Creato il 18 luglio 2015 da Ussy77 @xunpugnodifilm

50526L’estremismo islamico visto dall’interno

Candidato agli Academy Awards per la Mauritania e presentato a Cannes 66, Timbuktu è l’ideale rappresentazione di un grido di terrore. Difatti il regista Sissako non condanna la religione islamica, ma l’estremismo che porta con sé situazioni al limite del verosimile e silenziosa drammaticità.

A poca distanza da Timbuktu, vivono sotto un’ampia tenda Kidane, Satima e la loro figlia Toya. Il giorno in cui il loro pastore dodicenne si lascia sfuggire la mucca preferita, che distrugge le reti di un pescatore, tutto muta tragicamente. L’animale viene ucciso e Kidane non accetta il sopruso.

Una partita a calcio senza pallone: è questo l’emblema, l’immagine simbolo di una pellicola dolorosa e coinvolgente. Pregna di dialoghi immersi nel silenzio del deserto e di bellissime vedute al tramonto, Timbuktu rallenta il proprio ritmo fino a raggiungere la quasi quasi immobilità, accatasta divieti della Jihad nella città di Timbuktu (ascoltare musica, fumare, mostrareparti del corpo e giocare a calcio a esempio) e, spostandosi fuori dalla comunità, comincia a narrare la storia di Kidane e Satima.

Sissako utilizza come espediente il fatto di cronaca della lapidazione di una coppia che non era legalmente sposata (senza utilizzarlo come evento centrale, ma come evento di contorno) e partendo da questo input costruisce una pellicola rigorosa, un prodotto che sale di tono e “alza la voce” progressivamente. Timbuktu può apparire eccessivamente lento, tuttavia la sottolineatura di diverse situazioni è necessaria per poter analizzare e differenziare, con uno sguardo interno, la religione dall’estremismo. Difatti è importante non confondere le due cose, sentimento che spesso rischia di essere travisato quando lo sguardo sul mondo islamico è di un occidentale.

Timbuktu è un film necessario, che mischia in una multiculturalità conclamata quattro lingue e fa convivere aspetti contemporanei e restrizioni anacronistiche. Un prodotto che fa riflettere e ci presenta delle esistenze distrutte da un’ingerenza sempre più totalizzante, da un’oligarchia teocratica travisata e dolorosa per l’uomo e lo spirito. Timbuktu, accompagnato da silenziose sequenze immerse in una fotografia illuminante, si fa portatore di un sentimento sanguinante e perverso, che Sissako sa mettere in scena come un vero maestro della settima arte.

Uscita al cinema: 12 febbraio 2015

Voto: ***1/2


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