Magazine Diario personale

Time for myself

Da Cobain86
orange_flowers

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L’aria calda di maggio mi accarezza e il sole mi saluta mentre mi reco a lezione. La città intorno a me pulsa, vive, si muove, vedo passare persone di ogni razza, sesso, religione come in un flash forward. È tutto accelerato, swish, sento i loro profumi che mi fendono al passaggio veloce, swosh. Nel mentre penso e vado alla ricerca. Di me stesso. Buona lettura.

Mentre la metropoli mi risveglia con il suo caotico vortice in movimento ho tempo di pensare, di vedere le cose da un altro punto di vista. Il caos dovrebbe distrarmi ed essere un facile imbonitore con le sue pubblicità, le sue musichette, le persone che rispondono al telefonino; ormai è scomparso anche il tipico ticchettare delle dita sulle tastiere gommose dei cellulari, oggi è tutto un tipettare su questi touch screen. Loro sfiorano e aprono le applicazioni, io sfioro tanti pensieri diversi e cerco di renderli miei, di costruire un’opinione su quello che mi accade.

Mi rendo conto che spesso i primi a giudicare con facilità e leggerezza i passi altrui sono i primi che dovrebbero tacere; persone che parlano d’amore (e soprattutto di quello altrui, il che rende la cosa ancora più surreale) quando questi curiosi soggetti hanno avuto storielle all’acqua di rose o non ne hanno avute affatto. Analfabeti sentimentali che mettono becco dove non dovrebbero intromettersi fingendosi predicatori; se mi passate il termine predicatori di ‘sta ceppa.

Persone che non hanno mai amato veramente, che non sanno cosa vuol dire non poter stare con la donna che ami perché lei si crogiola nel SUV di un trentenne, che ignorano cosa voglia dire aspettare per ore un suo messaggio nell’attesa che la sua risposta sia un sì. Individui che non hanno mai avuto un appuntamento al buio con successivo rifiuto, con un silenzio che scende intorno a te come se stesse nevicando, un tonfo al cuore che affonda la tua anima e spara la tristezza in gola fino a toglierti il respiro. Un pugno alla bocca dello stomaco che abbatte e fortifica, lasciandoti esanime e taciturno per giorni in attesa di un segno, di un cambiamento che ti renda la forza di continuare a combattere a pugni stretti con il mondo.

Persone che sfoggiano la loro superficialità con commenti leggeri come i loro pensieri, generati con la stessa essenza di una flatulenza inopportuna.
E tu pensi se hai sbagliato tu, se ha sbagliato lei, se era sbagliato il momento o la situazione. Con un grillo parlante che agisce da ronzio che disturba il flusso dei tuoi pensieri.
Simpatici ometti che s’inebriano di incontri fugaci e casuali in discoteca al ritmo sincopato dell’ultima hit del momento, tronfi delle loro conquiste che si sgonfiano come un pupazzo gonfiabile alla fine della festa.

Scrolli le spalle, scuoti la testa, butti giù le negatività e a testa bassa ti rimetti in moto. Passo gamba, testa cuore, passo gamba, testa cuore. Il sottofondo esterno ti culla e agisce da ammortizzatore, da cuscinetto che ti permette di visualizzare le cose realemnte importanti nella tua vita ora. E finalmente, come se stessi mettendo a fuoco con la mia reflex, vedi tutto chiaro.
Continui a zoomare, sei ingordo, vuoi vedere nel dettaglio i volti delle persone che per te rappresentano qualcosa, che hanno raccontato e rappresentato un pezzo della tua vita, piccole stelle che hanno attraversato i tuoi occhi e non se ne sono più andate.

Puoi essere lontano finchè vuoi, fare nuove conoscenze, cadere in mille abbracci e riprenderti da varie delusioni, puoi rialzarti e continuare a correre senza fermarti: le persone che vedi a fuoco sono le uniche da cui puoi sempre fermarti, a cui puoi chiedere uno straccio per asciugare il sudore, la fatica, le lacrime. Gli unici che condivideranno i tuoi successi e i contraccolpi, le tue emozioni più forti. Quelli che sono al tuo fianco per saltare più in alto di tutti ad un concerto, quelli con cui fai le cose stupide che diventano divertenti solo se condivise, quelli che riconoscono la bellezza di una fotografia rispolverata da un vecchio annuario e iniziano a riconoscere le persone immortalate su quella patina lucida.

Emozioni, vibrazioni, sensazioni che sfiorandoti riescono ancora una volta a farti sentire vivo, scuotono l’anima, non si rassegnano alla tua indifferenza; e vieni trasportato di nuovo nel mondo a colori, un contatto, una carezza, un sorriso, uno sguardo innocente, una parola o un gesto gentile. Vedi la tua anima riflessa nei occhi della ragazza che hai di fronte, respiri e ridi come ormai non succedeva da tempo. Lasci le banalità e la mediocrità delle persone “piccole” sopra descritte alle tue spalle scrollandoti il ronzio che non accennava a darti tregua.
E capisci che dopotutto, anche oggi, può essere una bella giornata (citazione dal finale di Che bella giornata, ndr).

Marco


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