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Time to change

Creato il 23 agosto 2012 da Robe
Time to change roberto panciatici

Time to change – Copyright 2012 Roberto Panciatici

Alle volte dobbiamo lasciarle andare, le persone intendo, e non possiamo davvero far nulla per trattenerle accanto a noi.

Possiamo dar loro solo una buona ragione per tornare, se una ragione per tornare c’è.

Dirlo è semplice, e forse addirittura figo, ma farlo, purtroppo, genera qualche lievissimo giramento di coglioni, almeno al sottoscritto! Farò comunque finta che sia solo figo, occhei? È decisamente più comodo ai fini del post.

Metterò del vuoto fra l’adesso e il domani, un po’ come accade per le battute della musica che hanno sempre una pausa in mezzo. La pausa in sé è solo silenzio, è assenza, vuoto, ma nel complesso è parte integrante della musica. È musica. Alle volte è breve, brevissima, altre un po’ più lunga. Ecco, io metterò una pausa fra me e il me di domani, o forse sarebbe meglio dire fra me e te, ovvero fra di noi.

Che poi noi è una parola grossa. Non tanto per il vissuto, ci mancherebbe, quanto per il futuro. Ho sempre pensato che le persone per evolversi in noi necessitino di quel qualcosa che io chiamo l’angolazione, o la prospettiva infinita.

L’illusione che la cosa possa durare per sempre è l’utopia di base su cui poggia la solida roccia di qualsivoglia rapporto, ovvero il primo, vero, passo edificante del noi.

Che cazzo ho detto? Non lo so, andiamo avanti.

Mi fermo un po’, adesso. Respiro. Penso all’idea di poter vivere una vita che abbia almeno una qualche direzione chiara, che poi è quello che mi manca davvero, anche se mi ripeto spesso che io una direzione ce l’ho, sebbene talvolta non me la senta sulla pelle.

È che mi perdo. Sì, il problema è tutto lì. Mi perdo. Spesso anche. Devio dal percorso per curiosità, per fame di vita, e mi ritrovo sempre fra le pieghe di volti nuovi.

Mi piacciono le fosse delle espressioni, non so che farci. Quelle trincee di carne dove credo si rifugino le emozioni più vere. Mi piace trovare e conquistare quei dettagli, per poi fantasticare sulla vita. Sulla loro vita. E sulla mia.

Annidarmi in quelle terre di confine mi da l’illusione di poter vivere al sicuro dentro i loro volti quel che di me mi sfugge.

Che cazzo ho detto? Ah boh! Andiamo avanti.

La verità? Beh, la verità è che mi girano i coglioni. E di brutto anche. Non voglio che questo fatto demolisca il mio umore, ma è evidente che ho bisogno di fare qualcosa per cambiare questo aspetto della mia vita. Come si fa? Come si cambia qualcosa che ci tocca e ci ferisce profondamente?

Me lo chiedo adesso mentre avverto la necessità di un po’ di pace per i miei giorni. Eppure questo momento imperfetto è importante, molto più importante di tanti altri momenti di serenità o di semplice riflessione, mi dico.

Oggi combatto la mia guerra. Oggi mi armo, e mi batto, per la mia rivoluzione.

Sì, ché c’illudiamo, certe volte, che la vita sia in qualche modo risolta – risolta mi piace davvero un sacco -, ma purtroppo non è così e dobbiamo rideterminarci e lottare ogni giorno per le cose in cui crediamo e che vogliamo per la nostra vita. Rimanere positivi è difficile, anche per chi, come me, ci mette un certo impegno. Sì, perché nulla viene a gratis – più passa il tempo e più vivo l’ovvietà di questa affermazione – e quindi dobbiamo ergerci oltre noi stessi pur di poter fare un piccolo passo più in là.

Respirare. Credere. Scegliere. E crescere. Proprio così, crescere.

Eppure, proprio come un tempo, m’illudo nel tempo, e del tempo, che gli altri mi dedicano, o mi prendono. Do loro tutto ciò che ho, finché ne ho, poi svanisco, o li lascio svanire.

Che cazzo ho detto? Stavolta lo so. Sì, lo so.

Fra le pieghe delle illusioni che le nostre vite generano. Fra l’andare e il tornare. L’amarsi. L’aprirsi. Il raccontarsi. Il ferirsi, che poi è un po’ come sfiorarsi un po’ più in profondità. Fra il tempo che non c’è mai. Fra tutti i miei dubbi, e il mio oscillare, trovo la forza per rideterminare la mia meta, trovo il coraggio per ricercare il senso di un qualcosa in cui vorrei davvero credere, un qualcosa che può essere solo vissuto, e non rimandato ancora. Ancora. Ancora. E ancora.

Ci sono volte in cui una ragione dobbiamo darla agli altri, per tornare intendo, e ci sono volte in cui questa ragione dobbiamo cercarla per noi stessi, proprio l’attimo prima di andar via.


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