Rinvenni in una stanza più o meno grande quanto il mio TSC, le pareti erano adornate di armi dei periodi Edo e Kamakura, al centro un tavolo ospitava la cartina del continente nordamericano. Riuscii a capire che Sunzi si stava muovendo contro Lift12 tentando di alzarmi dal divano dove gli uomini del Generale mi avevano adagiata. Ci misi un secondo di troppo per capire che ero stata lavata e una ferita da plasma era stata curata con dei bendaggi intrisi di disinfettante, ma quando sentii il dolore compresi che la stanza mi considerava una minaccia e non avrebbe applicato gli effetti della fontana della giovinezza su di me, almeno fino a nuovo ordine.
La mia veste cremisi era scomparsa, al suo posto indossavo un paio di calzoni da lavoro e una maglia di rozza fattura, non c’erano scarpe nei dintorni e neanche la mia collana. Dannazione!
– Ti sei svegliata alla fine. – commentò un uomo alto e attraente, il suo accento non mi era nuovo, ma non riuscivo a capire chi fosse – Hai dormito per tre giorni filati, lo sai? –
– Dovevo riposare. –
– Sunzi diceva la stessa cosa. Sei come il Generale, non è così? Per questo seguivi la gorgone. –
– Mi piacerebbe continuare l’interrogatorio, ma prima voglio sapere cosa ne avete fatto delle mie cose, indossavo una collana di valore inestimabile. – ammisi brusca. Scoprirmi nei riguardi del mio dispositivo di controllo remoto poteva mettermi nei guai, ma essere in quel luogo era già una gatta da pelare fin troppo grande per un essere umano privato dei poteri del TSC.
L’altro sorrise – Il tuo dispositivo di controllo è al sicuro. Te lo restituirò fra poco. –
Guardai il mio carceriere con disprezzo, come una sciocca mi ero fatta convincere a collaborare nei piani del Generale cinese, senza considerare quanto potesse essere pericoloso farlo – Morrigan tu sei una donna forte: poche persone sarebbero sopravvissute alle ferite riportate durante la tua ultima missione, quando arrivai nella sala di controllo eri troppo debole per uccidermi, altrimenti l’avresti fatto. –
– Chi è lei? –
– Duncan Macbeth. – rispose l’uomo – Mio padre non aveva il senso dell’umorismo, ma una grande passione per i drammi classici. Probabilmente lei non sa neanche di cosa io stia parlando, non è vero? –
Rimasi affascinata dallo sguardo del luogotenente di Sunzi, l’avevo sempre visto a bordo di un Roc, nel pieno delle sue funzioni di subalterno. Vederlo muoversi con naturalezza nella stanza mi sembrava assurdo e allo stesso tempo impossibile – Suo padre adorava Shakespeare? –
– Forse ho sottovalutato la mia interlocutrice. –
– Lei è il luogotenente di Sunzi! –
– Lavoro per lui. – annuì Macbeth – Credo di poter dire che lavoro per lui da tre secoli, il tempo perde di significato stando qui dentro. – le parole dell’uomo sembravano gravide di una tristezza infinita, ma quando mi porse una tazza di liquido fumante i suoi occhi sorridevano gentilmente.
– Perché Sunzi non le ha mai affidato un TSC? –
– Sono un figlio di questo tempo, benché io abbia visitato il periodo dei regni combattenti e persino l’età delle foreste, sono ancora legato all’overlift e alle città aeree. –
Le parole dell’altro mi provocarono una risata – Le piace vivere qui? –
– Io non ho una stanza tutta per me, la fontana della giovinezza non mi segue ovunque vada. –
– Sunzi la tiene al guinzaglio dunque. –
– Dammi del tu! Secondo i dati della stanza sono invecchiato di 248 giorni, almeno l’ultima volta che ho controllato. Non definirei una vita virtualmente eterna come un guinzaglio troppo stretto. – ammise Macbeth annusando appena il contenuto della sua tazza, prima di berne un lungo sorso – Devo ammettere che parlare con te è singolare e divertente, insomma non capita tutti i giorni di parlare con una divinità. –
Le parole dell’uomo mi provocarono una risata sguaiata, ma il calore della tazza nelle mie mani mi fece calmare – Non c’è differenza, chiunque usasse il TSC sarebbe considerato una divinità. Persino nel tempo in cui sono nata c’è gente che vedrebbe la tecnologia della stanza come miracoli divini. – tacqui, sforzandomi di sembrare seccata da quella discussione e bevvi una lunga sorsata, consapevole di aver abbassato la guardia per un istante di troppo: dopotutto l’uomo era un galoppino di Sunzi.
Il silenzio scese nella stanza e Macbeth tornò al tavolo, osservando la mappa con attenzione, come per studiare la prossima mossa – La testa di ponte voluta dal Generale ha funzionato? –
– Oh si, abbiamo preso Lift66 con una notte. –
– Farete altri raid? –
La tazza di Macbeth venne svuotata di colpo – Una volta che ti sarai ripresa ci aspetta un’altra missione. –
L’uomo tornò al mio divano, sedendomisi accanto e porgendomi la mia collana di controllo – Sono un soldato: la guerra è il mio mestiere, ma tre secoli di scontri sono troppi per qualsiasi essere umano. Ti svuotano dentro. Morrigan spiegami come si può diventare insensibili al dolore, come si fa a fare ciò che fa Sunzi. Tu che sei una dea, illuminami. –
– Non si diventa insensibili al dolore, ma ogni timeshifter porta con se una grandissima responsabilità: cambiare qualcosa nella linea temporale è pericoloso e si rischia di creare dei paradossi. Non è facile da capire per chi è un semplice passeggero: quando si controlla un TSC si è parte integrante del tempo, si vive senza altro concetto. Le altre dimensioni si appiattiscono fino a scomparire, diventano trascurabili. –
L’uomo posò la tazza ormai vuota sul pavimento accanto al divano e scotendo la testa ammise – Ho capito a malapena un quarto di quello che hai detto. Non sono ferrato riguardo la stanza. –
Notai che aveva abbassato la guardia, come se quelle poche parole potessero cambiare la mia idea riguardo ai galoppini del Generale. Eppure lui non è uno di loro, è più simile a ogni altro timeshifter. Poter sfiorare il tempo e guardar scorrere la linea temporale erano due concetti distinti nella mia mente, ma non avrei saputo dire quando la differenza si era palesata nella mia coscienza – Non servono conoscenze particolari: persino io non so dire perché sia cambiato il mio modo di vedere la linea temp... –
Macbeth m’interruppe baciandomi.
Mi liberai con un movimento rapido, i miei istinti cercarono di plasmare qualcosa per rimettere al proprio posto l’uomo, ma lo sguardo colpevole dell’altro mi fermò.
– Scusami, non avrei dovuto! –
– No. – fissai gli occhi del mio carceriere e per un istante tornai la donna che ero stata prima del mio incontro con Revlis, con stupore compresi di essere attratta da Macbeth quanto lui era attratto da me e benché fossi consapevole che finita la passione saremmo tornati nemici, non c’era ragione di negare a entrambi quelle emozioni – Tu non hai fatto nulla di male. – presi il suo volto tra le mani e lo baciai.
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