Magazine Cinema
The Arena (2001)
Escape from Afghanistan (2002)
I guardiani della notte (Nochnoy dozor) (2004)
I guardiani del giorno (Dnevnoy dozor) (2006)
Wanted - Scegli il tuo destino (Wanted) (2008)
La leggenda del cacciatore di vampiri (Abraham Lincoln: Vampire Hunter) (2012) - 2,5/5
Bekmambetov (1961), russo, si è diplomato in scenografia dopo aver militato nell'esercito ed aver iniziato a studiare ingegneria. Ha acquistato una certa fama, dapprima in patria e poi anche all'estero, dirigendo due adattamenti letterari nel 2004 e 2006 dei libri fantasy di Sergej Vasilievič Luk'janenko. In seguito a questi successi ha ottenuto ingaggi per realizzare film d'azione negli States, con grande successo di pubblico.
-La leggenda del cacciatore di vampiri
USA 2012 - azione/avventura/horror/fantasy - 105min.
Doppia vita di Abraham Lincoln, sedicesimo presidente degli Stati Uniti, politicante di giorno ed ammazzavampiri di notte.
Si possono mischiare ricostruzione storica ed invenzione fantastica? Si può trasformare una figura importante come quella di Lincoln in un personaggio da film d'avventure a tinte horror? A quanto pare sì, se a realizzare una così folle combinazione sono due nomi noti come Tim Burton (qui in veste di produttore) e Timur Bekmambetov (regista di Wanted - Scegli il tuo destino). Un Burton che con gli anni ha visto affievolirsi sempre più la propria vena creativa finanzia un'operazione di mash-up postmoderno che, in linea con le sue ultime realizzazioni, non costituisce alcunchè di originale in quanto a contenuti, ma si rivela accorta nella commistione dei medesimi, un'idea svitata in stile Cowboys and Aliens. La concitata regia di Bekmambetov conferisce alla pellicola la dinamica dei film d'azione ipercinetici della sua passata filmografia (si emula proprio Wanted nella riproposizione di una scena d'azione ambientata su un treno), e non solo: ci sono idee riciclate da bizzeffe di film recenti, e non solo da quelli di stampo vampiresco come Van Helsing; nel calderone sono finite coreografie da film di arti marziali stile Matrix, suggestioni da horror classico americano come, ovviamente, Il mistero di Sleepy Hollow, retorica sui valori di amor di patria, la forza dell'unione ed altre cose simili presenti in tutti i blockbuster Hollywood-iani.
Ciò che c'è di inedito è l'aggancio con la prospettiva storica: per la prima metà del film questo legame è abbastanza debole, Lincoln è un ragazzotto giovane che si dedica ad ammazzare vampiri con l'accetta seguendo un percorso di formazione e training già visto innumerevoli volte sullo schermo. Ma la seconda parte della vicenda, che vede il protagonista vecchio e divenuto presidente degli States (con un mirabile lavoro in reparto trucco) rende il tutto più sconcertante e divertente. Vedere il vecchio Lincoln provato dagli anni e dalla guerra riaprire il vecchio baule contenente l'accetta ammazzamostri e riprendere ad allenarsi in vista dello scontro finale con i vampiri (tutti sudisti!) circondato da un'aura di epicità farà sicuramente sbellicare qualunque tipo di pubblico. Ovviamente gli autori non si sono presi molto sul serio e ciò ha giovato al film, che può essere seguito piacevolmente nei suoi imprevedibil sviluppi fra un susseguirsi di battaglie, parentesi romantiche (per nulla necessarie), digressioni storiche e sequenze spettacolari, fra le quali spicca la sequenza di inseguimento in mezzo ad una mandria di cavalli imbizzarrita, che nel suo forsennato dinamismo costituisce forse il momento migliore del film.
Le musiche roboanti sono invece quanto di più assimilabile al concetto di "già sentito", mentre la recitazione è abbastanza monocorde, in particolare si soffre per la presenza di un protagonista per nulla carismatico (Benjamin Walker, vagamente somigliante a Liam Neeson, solo meno espressivo...il che è tutto dire!). Se il concept di base può essere azzeccato per un film disimpegnato e di puro entertainment (che però potrebbe far storcere il naso agli americani del Dixieland, i cui progenitori sono dipinti come una stirpe di uomini cattivissimi o di vampiri famelici) è un peccato che la sceeggiatura non sappia andare più in là di qualche trovata, accontendandosi di mantenersi su un modello di narrazione ormai ripetuta fino alla nausea (parentesi dell'infanzia; consapevolezza nella giovane adultità; addestramento e battaglie; maturità e scontro finale).Si poteva cioè fare di più, anche in termini di regia (un po' piatta tranne che nelle scene d'azione, le uniche in cui Bekmambetov sembra sentirsi a suo agio).
Voto: 2,5/5
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