Ancora pochi mesi e Steven Tingay prenderà servizio come direttore dell’Osservatorio di Radioastronomia (ORA) dell’INAF, nato dalla fusione di due istituti dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, l’Osservatorio Astronomico di Cagliari, dove opera il più
grande radiotelescopio d’Europa con superficie attiva, il Sardinia Radio Telescope e l’Istituto di Radioastronomia di Bologna, con il radiotelescopio di Medicina e la Croce del Nord e il radiotelescopio di Noto.
Ricercatore australiano di fama internazionale, Tingay avrà il compito di traghettare la radioastronomia italiana verso un nuovo futuro, oltre a confermare la posizione italiana all’interno dei maggiori progetti radioastronomici internazionali, come SKA e CTA.
A Roma per il disbrigo di alcune pratiche prima del trasferimento a Bologna, Tingay ha risposto a qualche domanda di Media INAF.
In qualità di Direttore del Curtin Institute of Radio Astronomy di Perth, lei ha anche un ruolo chiave nel progetto SKA, in cui l’Italia ha un forte contributo. Come Direttore dell’ORA e in vista del meeting di domani ai Lincei, pensa che il ruolo dell’Italia e dell’INAF in SKA ne uscirà rafforzato?
Lavoro al progetto SKA da 15 anni e ormai siamo arrivati a un punto cruciale. Ho contribuito alla costruzione del Murchison Widefield Array (MWA), uno dei precursori di SKA in Australia che sta preparando la strada alla scienza e alla tecnologia del progetto. Sono venuto in Italia, perché credo che sia un importante centro industriale e astrofisico, ed entrambi questi elementi sono importanti a livello internazionale per SKA. L’Italia ha molto da offrire in futuro.
Quali sono i suoi obiettivi a medio e lungo termine nell’Osservatorio di Radioastronomia?
Ci sono molte cose da fare in Italia e sono arrivato in un momento molto interessante nello sviluppo della radioastronomia dal punto di vista nazionale. Abbiamo degli ottimi strumenti, come quello in Sardegna (SRT, ndr), quelli vicini Bologna (a Medicina, ndr) e in Sicilia (a Noto, ndr). Uno dei miei obiettivi e che a questi strumenti all’avanguardia venga dato il giusto risalto a livello mondiale facendo in modo che gli investimenti fatti negli ultimi anni diano i loro frutti e portino a importanti risultati scientifici. L’Italia continuerà a essere famosa in tutto il mondo nel campo dell’astrofisica e dell’astronomia.
Il prossimo gennaio inizierà il suo lavoro all’ORA. Cosa ne pensa? E’ contento di venire a vivere in Italia?
Ho visitato l’Italia già diverse volte anche per motivi di lavoro e molti dei miei colleghi sono italiani. Sono emozionato di poter vivere qui per qualche anno perché l’Italia ha molto da offrire dal punto di vista scientifico, ma anche culturale e sociale. Sono contento anche professionalmente, visto il coinvolgimento che potrò avere nell’astrofisica, nella scienza, nella tecnologia e nell’industria italiana.
Da dove viene la sua passione per l’astronomia? E quando ha realizzato che l’astronomia sarebbe diventato un lavoro?
Sono appassionato di astronomia da quando a 5 anni ho ricevuto un libro sul Sistema solare e l’Universo. Sono stato subito catturato dall’astronomia. All’età di 6 anni ho avuto il mio primo telescopio e lì ho capito che sarei diventato un astronomo professionista. E’ tutto ciò che ho sempre voluto fare, il mio stupore davanti l’Universo non ha mai cessato in questi anni. E’ un ambito scientifico davvero interessante da studiare: c’è così tanto da imparare e non mi stancherò mai di osservare le stelle. Il mio senso di attrazione nei confronti dell’Universo è ancora lo stesso, come quando avevo 6 anni.
Cos’è ORA? – Il neo Osservatorio di Radioastronomia dell’INAF sarà la struttura dove si concentreranno le attività di ricerca, di sviluppo tecnologico, di osservazione e relativi servizi per la radioastronomia in Italia. La Radioastronomia italiana è un’eccellenza a livello internazionale e significativo è il ruolo svolto dalla nostra comunità scientifica in consorzi come lo European VLBI Network (EVN), lo International VLBI Service for Geodesy and Astrometry (IV) e in progetti come ALMA, e-VLBI, LOFAR e SKA.
Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni