Chi segue questo blog da un paio d’anni, forse ricordera’ la storia della tinozza indiana. Vale a dire la piscina installata sul tetto della nostra casa di Gurgaon, e di come questa ci abbia fatto impazzire al punto da riuscire a usarla come si deve solo una o due volte.
Ebbene, a volte la vita si prende delle rivincite. Quest’anno abbiamo deciso di prenderci una piscina fuori terra, ma non una di quelle solo telo e pali di ferro, ma qualcosa di piu’ sostanzioso, nell’impianto e negli accessori. Che non fosse solo accettabile da un punto di vista estetico, ma anche funzionale e, speriamo, duratura.
La scelta e’ caduta su un prodotto della Intex, in particolare sul modello Sequoia Spirit: una vasca circolare di 508cm di diametro e 124cm di altezza. Qui c’e’ la pagina sul sito del produttore, con tanto di manuale in PDF scaricabile.
Allettati anche dai buoni feedback trovati in giro sul Web e dall’apparente facilita’ di montaggio e installazione, l’abbiamo presa. La ciliegina sulla torta ci viene offerta da un video che trovo su Youtube, in cui il montaggio sembra cosi’ agevole e rapido da essere perfino alla mia portata, il che conferma anche la promessa del venditore: tempo stimato di assemblaggio, 2 ore.
Certo, come no…
La ordino, la pago, e attendo qualche giorno per la consegna, e nel frattempo studio il da farsi. La prima cosa da fare, una volta identificata l’area, e’ quella di eliminare il prato e livellare perfettamente la superficie, pena rischio effetto diga del Vajont, viste le 20 tonnellate d’acqua previste per il riempimento.
Non essendo contadino, e non conoscendo a cosa andassi incontro, nella mia testa bacata era tutto chiarissimo: traccio il cerchio con la vernice, scavo con la zappa, livello col rastrello, posiziono le 16 piastrelle che dovranno supportare i piedi della vasca, scarto il paccone (275 Kg di materiale), monto la piscina e ci facciamo il bagno.
E che ci vuole?
E sticazzi ci vogliono!!!
Dopo aver tracciato il cerchio, scopro le fatiche immani dell’agricoltore, incontrando i seguenti problemi:
- Quando cazzo ci lavoro? Quando torno a casa dall’ufficio e nel weekend…
- Avendo scelto il posto piu’ al sole del giardino, quando c’e’ ombra?? MAI!!!
- Esiste la gramigna, un’erbaccia di merda le cui radici sono piu’ dure dell’Adamantio di Wolverine!!
- Mi si spaccano le mani e la schiena (giuro!)
- Ci metto una vita e il bagno ce lo facciamo l’anno che viene.
Quindi, dopo alcuni giorni di bestemmie in aramaico, faccio un bel fermi tutti e compro questa:
La mia e’ rossa, ma per il resto e’ lo stesso attrezzo. Prezzo 89 Euro, e via! In effetti la situazione migliora, anche se il lavoro e’ ancora mostruoso. Sicuramente la fase di scavo e’ piu’ agevole, ma resta il problema di tirare via continuamente il materiale di riporto, e questo, vi assicuro, e’ una roba degna di quelli che stendono l’asfalto ad Agosto!
Mi aiuto con una grossa pala spazzaneve, con il rastrello e con l’erpice, ma vi giuro che erano anni che non mi sentivo spezzato in due come mi sento adesso. Il collo e’ storto, le mani sono gonfie, le gambe sono molli e la schiena e’ una tavola di marmo. Insomma, sto benissimo.
Lavorandoci quasi tutte le sere e nel weekend, me la cavo in 2 settimane circa. Alla fine il terreno e’ abbastanza livellato, ma non perfettamente livellato. Eppure le ho provate tutte, ma vi giuro che e’ un mestiere meledettamente difficile: livella montata su asse, paletti conficcati a misura con filo orizzontale. Non c’e’ un cavolo da fare, in un cerchio di 533cm di diametro resta sempre un pezzo fuori! Livelli di qua e scassi si la’, aggiusti sopra e rompi sotto. Metti un po’ di terra li’ ma poi compattarla senza un rullo compressore da 40 tonnellate e’ impossibile! Il tutto condito dall’effetto ottico dell’area circostante, che pende un po’ qui e un po’ li’, e quindi non ti fa capire una beneamata ceppa!
Alla fine decido: se il grosso mi soddisfa, che il resto si fotta! L’importante e’ che lungo la circoferenza piu’ o meno ci siamo e, alla peggio, faro’ il fine tuning con qualche spessore. Finito lo scavo archeologico mi metto giu’ a interrare le piastrelle, che devono essere, giustamente, a filo (4 cm di spessore). Un altro lavoro della minchia, seduto per terra nel fango, su un miserabile pezzo di cartone umido, a spaccarmi la schiena e le mani con la palettina, il rastrellino e, soprattutto, le cesoie, per tagliare continuamente le fottutissime radici di gramigna che rompono i maroni ogni volta che provo a scavare. Ovviamente si aggiunge l’ulteriore complicazione: riportando materiale e accumulandolo sui bordi, questi hanno ceduto in qualche punto, soprattutto causa temporale di merda, per cui la circonferenza, scavata con tanto amore e precisione, e’ andata a farsi una gita, e va rimessa a posto.
Non dimentichiamoci che, per ogni piastrella, devo misurare la distanza esatta da quella opposta (533cm) e la distanza da quella di fianco (100 cm). Un lavoro diabolico, dove, se ti freghi un centimetro da qualche parte, ti si sputtana tutta la circonferenza e arrivi all’ultima piastrella da coglione che si accorge che e’ troppo vicina oppure troppo lontana dalla compagna di fianco… Dovendoci mettere su dei paletti di metallo che reggono 20 tonnellate… non so se mi spiego.
Risultato:
- Clicca per ingrandire a 1024×768
Continua…