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Trama semiseriaUn boss della ‘Ndrangheta calabrese esce di galera ed entra in politica, candidandosi a sindaco. Visto dall'estero farebbe (forse) ridere, visto dall'Italia è talmente realistico da far piangere.
Recensione cannibaleAmmetto di non aver mai trovato Cetto La Qualunque particolarmente divertente. Anche in passato mi è sempre sembrato troppo reale, troppo vero per far davvero ridere. Compito della satira e del comico è esasperare in maniera caricaturale i personaggi presi di mira, mentre lui riflette semplicemente personaggi che esistono davvero e anziché esasperarli li riproduce semmai in piccolo, perché Cetto rispetto al presidente del Consiglio non è nulla e non le spara grosse neanche lontano un miglio quanto l’originale. Quindi ogni intento satirico fallisce miseramente e la colpa non può essere data ai recenti sviluppi dei bunga bunga party, perché queste cose le sapevamo (magari con minori dettagli) anche qualche mese fa quando il film veniva girato. E allora peeeerché realizzare una pellicola così non necessaria? I 15 milioni e passa di euro d’incasso sembrano una motivazione valida, ma non venitemi a parlare di pellicola impegnata o dai risvolti di satira politica che non mi sembra il caso, perché qui it’s all the about the money.
Di Antonio Albanese preferivo altri personaggi (Alex Drastico, Pier Piero, Frengo) ma il grande pubblico ha sempre avuto una passione particolare per questo Cetto. Forse non tanto perché la gente lo vede come un personaggio negativo, anzi credo che in molti lo vadano come un modello simpatico da imitare. Come Berlusconi, un altro comico che non mi ha mai fatto ridere.Sempre di Albanese avevo poi anche apprezzato moderatamente l’esordio cinematografico Uomo d’acqua dolce, film da lui anche diretto e sceneggiato non del tutto riuscito ma dotato almeno di spunti originali. Tutto questo per premettere che pur non essendo un suo grande fan, non ho nulla contro Antonio Albanese, anzi. Però, lasciatemelo dire, questo Qualunquemente non è un film qualunque: è particolarmente atrocemente.
Qualcuno dirà: ma come, non sei lo stesso recensore maledetto che ha (quasi) osannato Che bella giornata e che ha salvato pure Benvenuti al Sud? Sì, sono io, presente. Però se a livello registico sono film tutti di un livello non pervenuto, la differenza fondamentale è che il film con Checco Zalone mi ha fatto ridere parecchio, Benvenuti al Sud abbastanza e questo niente. Zero. Un mezzo sorriso m’è scappato giusto per la scena in Chiesa col telefonino (che non a caso è usata subito a inizio trailer).
Va bene, allora poniamo che questo non sia un film comico in senso stretto. Questo è un film grottesco. Però non si capisce mai se ci sia una reale critica a qualcuno, a qualcosa, o se non sia semplicemente un aderire amichevole a malcostumi italiani, con l’aggiunta aggratis di tutta una serie di stereotipi sul Sud vari, senza però alcuna verve umoristica. Sono rimasto agghiacciato dalla pochezza e inutilità di un film del genere che sembra davvero non sapere che pesci pigliare.Non che il film di Zalone avesse chissà quale storia elaborata, però ne aveva una. Qui la trama e le sottotrame sono riassumibili tutte nella prima riga in alto. Persino le storyline dei cartoni da 5 minuti su Boing Tv che guarda mio nipote sono più complessi ed elaborati, per il resto c’è una sequela di vaghi sketch che non funzionerebbero nemmeno nello spazio di uno siparietto in tv.Cos’altro c’è? C’è il rapporto tra Cetto e il figlio: inizialmente uno “sfigato” che sembra il suo esatto opposto; dopo essere finito in prigione per scontare un crimine del padre, quando esce lo vediamo però convertito al qualunquesimo. Per quale motivo? Non valeva la pena inserire almeno una scena che ci spiegasse questa conversione? La storia procede quindi sconnessa senza farsi troppi problemi di seguire un senso logico. “Fatti i cazzi toi!” ripete Cetto… già, avrei dovuto seguire il suo consiglio, anziché vedere questa ora e mezza di nulla cosmico.
Simbolo dell’inutilità di una satira del genere è la scena nello studio televisivo, in cui il conduttore tiene spudoratamente la parte di Cetto. Cosa ci vuole suggerire una sequenza del genere? Qualcosa che non sappiamo già da circa 20 anni? Se voleva fare una satira pungente sull’Italia e sul suo sistema politico, Albanese per me non ha centrato minimamente il bersaglio. Non ha nemmeno centrato il tabellone e, nonostante il suo intento credo fosse quello di mettere alla berlina un certo tipo di personaggi, finisce invece paradossalmente per celebrarli e farli sembrare “fighi”, un modello da imitare per avere successo nella vita. Comunque non voglio lanciare accuse come quelle dei leghisti nei confronti di Vallanzasca, perché il problema non è nemmeno tanto questo. La cosa che non funziona è che non si ride e per un film comico non è un problema, è ‘n dramma (come direbbe il caro buon vecchio Alex Drastico).In un cast mediocre in cui persino lo stesso Albanese sembra poco convinto della sceneggiatura, svetta (si fa per dire) giusto Sergio Rubini: il suo personaggio dell’esperto in campagne politiche, un meridionale che si spaccia per milanese, sembra poter dare una scossa al film, ma è solo un illusione che dura pochi secondi visto che pure questo character si rivela costruito troppo male e quindi anche Rubini soccombe alla pochezza dell’insieme.
Un film tremendo, anzi tremendamente, brutto tanto quanto i personaggi politici di cui vorrebbe (senza riuscirci) far ridere.Ma vafanculu!(voto 2)
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