Quattordici anni addietro (Tempus fugit …), la visione del film Titanic, regia e sceneggiatura di James Cameron, non mi aveva suscitato particolari entusiasmi: ne apprezzavo il notevole fascino visivo, l’accurata ricostruzione storica e, soprattutto, la capacità di riuscire a dare vita ad una spettacolarizzazione mai fine a se stessa, idonea a far sì che si partecipasse non solo emotivamente ma anche fisicamente alla tragedia del naufragio in seguito alla collisione con un iceberg, proprio durante il viaggio inaugurale, il 10 aprile del 1912.
Riconoscevo infatti a Cameron un’indubbia abilità nel “tenere le redini”, il sapere coniugare melodramma, romanticismo e catastrofismo in un impianto complessivo abbastanza solido, con una confluenza tra i tre elementi senza particolari sbavature, anche se a non convincermi del tutto era stata proprio la storia d’amore tra l’artista spiantato Jack (Leonardo di Caprio),passeggero di terza classe, tutto istinto e savoir faire all’insegna del carpe diem e la buona borghese Rose (Kate Winslet), sangue rappreso nelle vene ma pronto a scorrere imperioso all’occorrenza.
Oltre al senso di già visto, mi era parsa infatti sin troppo forzata e didascalica nell’evidenziare una pur feroce differenza e diffidenza tra le varie classi sociali, anche nel supremo momento della morte, ultimo baluardo d’eguaglianza, e del cui superamento i due sfortunati amanti si rendono simbolicamente anticipatori; sullo sfondo si poteva inoltre notare anche la rappresentazione del delirio d’onnipotenza di certa ingegneria e, in particolare, l’evidente incapacità a gestirlo.
Ciò che mi ha spinto ad assistere alla sua riedizione in 3D è stata la circostanza che tale elaborazione è stata seguita e curata in ogni minimo dettaglio dallo stesso Cameron, quindi un intervento di postproduzione lontano dal solito specchietto per allodole incline ad attrarre più spettatori, volto proprio a valorizzare determinate sequenze, conferendo ulteriore profondità e dando risalto alla già pregevole scenografia, come all’atto pratico si può piacevolmente notare.
Anche se la mia opinione sul film in sé non cambia di una virgola, devo infatti riconoscere come, pur evidenziandosi qualcosa di aggiunto, per quanto con una certa naturalezza, l’impatto visivo complessivo ne risulti ora rafforzato, senza inutili “spiegamenti di forze”, tanto nelle riprese sottomarine che in quelle a bordo o a filo d’acqua, raggiungendo il suo apice nella scena dell’affondamento e conferendo inedite prospettive ai primi piani: qui emergono le doti di lungimiranza proprie di Cameron, che aveva pensato e girato il film proprio in funzione della tridimensionalità.
Mi è rimasta, però, l’impressione di una sorta di visita guidata, un director’s cut volto ad evidenziare quanto si riteneva meritevole di maggior risalto, che, a mio avviso, non fa propriamente la differenza con l’ originaria versione, ma, più semplicemente, ne attesta la sua capacità di resistere nel tempo, sulla base tanto della suddetta solida costruzione che sull’empatia dei due protagonisti, un Di Caprio ancora etereo ed una splendida Winslet, voluttuosamente morbida e burrosa, mi si passi il termine, alla quale, fortunatamente, la terza dimensione non aggiunge né toglie nulla.
E così, alla fine ho anche trovato un valido motivo per mandar giù l’amaro boccone relativo al sovrappiù del biglietto …
11 Premi Oscar 1997: Miglior film, Miglior regia, Migliore fotografia, Migliore scenografia, Miglior sonoro, Miglior colonna sonora, Miglior canzone, Migliori costumi, Miglior montaggio, Migliori effetti speciali visivi.