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Tito Stagno racconta i 60 anni della Rai (Il Messaggero)

Creato il 03 gennaio 2014 da Nicoladki @NicolaRaiano
Tito Stagno racconta i 60 anni della Rai (Il Messaggero)Sessanta e li dimostra. La tv, quella che abbiamo conosciuto, è in vorticosa trasformazione, si confonde nel cambiamento tecnologico fino a trovare nuova vitalità. Sono passati sessant'anni da quel 3 gennaio '54 in cui Fulvia Colombo accese la Rai e di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Fra i testimoni di quelle glorie c'è un veterano come Tito Stagno, l'astronauta ad honorem come l'aveva battezzato Mariano Rumor, il ciuffo biondo alla Robert Redford del tg, un sardo tosto, un gran rompiscatole sul lavoro (si definisce così), un perfezionista, orgogliosissimo della sua professionalità fino a non perdonare alla Rai di averlo messo a riposo forzatamente, quando mancavano solo dieci giorni alla pensione: «Ci siamo lasciati male - dice subito -. Era il 94, al tempo dei professori».
Quando era entrato in Rai?«Ho vinto un concorso nel '53. Con me c'erano Paolo Rosi, Adriano De Zan, Furio Colombo, Gianni Vattimo, Umberto Eco. Lo vinsi e la Rai mi fece fare un corso per studiare fonetica».
Che Rai era?«C'erano altri uomini. È stato così almeno fino all'arrivo dei socialisti. E dire che io sono stato sempre socialista. Ma la politica è una cosa e la professione un'altra. Quando arrivarono, stracciai la tessera. Con la Dc e Bernabei c'era ancora rispetto, non mi conosceva, non si fidava, eppure mi mandarono a seguire il papa a Loreto e poi mi lesse i complimenti della Segreteria di Stato perché ero stato obiettivo. Ricordo che andai anche ai funerali di Togliatti».
Era il 64...«Non ci voleva andare nessuno, neppure Granzotto e Zatterin, temevano che qualsiasi cosa avessero fatto gli avrebbero sparato contro. Fui obiettivo e andò benissimo. Ricordo ancora come lo chiusi: e la bara si allontana nell'ombra...»
La politica contava...«Nel 76, dopo la riforma, venni indicato nei giornali come possibile direttore di una testata radio. Accanto al mio nome mettevano Psdi, ma io non sono mai stato socialdemocratico. Poi alla fine si scoprì l'arcano, il candidato era un altro, sponsorizzato da Tanassi. Io andai alla Domenica sportiva. Ma niente padrinati politici e mai prebende, non ho mai accettato neppure un mandarino».
Il suo nome è legato fondamentalmente alle imprese spaziali.«Cominciò per caso, quando le telescriventi lanciarono la notizia che l'Urss aveva messo in orbita il primo satellite, lo Sputnik. Il giorno prima, dal dentista, avevo letto un articolo che si dilungava sulle prospettive delle avventure nello spazio, così feci al volo un servizio dettagliato. Poi vennero Gagarin, i voli americani Gemini, poi l'Apollo».
E ci fu la celebre telecronaca dell'allunaggio...«Con Aldrin siamo rimasti amici, ogni volta che viene ci vediamo».
E ci fu l'altrettanto celebre disputa ("ha toccato non ha toccato") con Ruggero Orlando.«Era un super-professionista. Ricordo un suo commento dopo una decina di whisky: esemplare».
Professionisti d'altri tempi...«Come Sergio Telmon, Piero Angela, Paternostro prima che andasse per la tangente».
Rimase vittima della sindrome da video. Lei non l'ha mai avuta?«Io ho cominciato a 26 anni e quando vai in video presto non hai quest'ansia. Succede se ci vai dopo i 40 anni, allora diventi gigione come certi personaggi di oggi».
Lei, invece, ha chiuso da un giorno all'altro.«Uscito dalla Rai ho fatto un altro mestiere, insegnando comunicazione verbale. E ho potuto permettermi cose che il misero stipendio Rai non mi permetteva».
Intervista di Marco Molendiniper "Il Messaggero"

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