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Creato il 09 dicembre 2014 da Scribacchina

macchina da scrivere

Piccoli drammi di una redazione di provincia.

In un articolo pubblicato qualche settimana fa veniva citato un tizio.
Il classico «figlio di», per intenderci.
Non è un ragazzino: deve avere un paio d’anni più di me.
Il collega autore del pezzo ha fatto un bel lavoro; peccato si sia dimenticato il titolo del tizio: Professore o Dottore o vattelapesca.
Ha scritto soltanto «il signor P».

Bene.
Il nostro professorone-dottorone, indignato per la dimenticanza, ha telefonato a mezzo mondo – direttore e articolista in primis – denunciando «mancanza di rispetto e mancanza di professionalità». Ha anche minacciato di togliere fondi per determinate attività culturali nelle quali siamo coinvolti, per quanto in suo potere. Perché certe dimenticanze non sono mica ammissibili, sapete, e vanno fatte pagare con un conto bello salato.

Il tutto perché – lo ripeto, affinché tutti possiamo capire bene la situazione - ci si è dimenticati di mettere il titolo prima del suo nome e cognome.

Le persone direttamente coinvolte hanno reagito come mi aspettavo: chiedendo solennemente scusa e promettendo che tale enorme dimenticanza non si ripeterà mai più.

Fossi stata al loro posto, avrei preso questo esserucolo per le orecchie e gli avrei insegnato cosa significa essere Dottori e cosa significa essere Signori.
Perché, evidentemente, lui non è né l’uno né l’altro.

Ma io sono solo una manovale della parola.
Non ho voce in capitolo.
Sì, posso dire: «Caro Direttore, questa persona mi fa una tristezza infinita».
Ma non saranno le mie parole a cambiare il modo di ragionare della gente.

ritratto femminile - giovane donna alla macchina da scrivere


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