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Titolo V: cos’è e cosa cambia, come si evolve la nostra Costituzione

Creato il 08 agosto 2014 da Nicola933
di Mario Marrandino Titolo V: cos’è e cosa cambia, come si evolve la nostra Costituzione - 8 agosto 2014

RenziDi Mario Marrandino. Tutti sanno che l’arcinota e la popolarmente conosciuta come “riforma del Senato” punta al cambiamento di molte realtà che prima erano ordine del giorno nell’ordinamento italiano mentre a breve ci ritroveremo a riscrivere i manuali di educazione civica, di storia e di diritto. Uno dei punti più discussi è quello del “Titolo V”… Ma che cos’è il Titolo V? Si tratta di quella parte della Costituzione italiana in cui vengono decisi i ruoli e le competenze delle autonomie locali: comuni, province e regioni. Il Titolo V non ha mai avuto vita facile, diciamocela. Dagli anni Settanta al 2001 il Titolo V è stato soggetto a numerosi cambiamenti, quasi sempre in un’ “ottica federalista” (motivazione per cui spesso ci si è opposti, tra l’altro).

Le regioni, quindi, nel corso degli anni, hanno acquisito un’autonomia sempre più ampia nel modo di gestirsi al proprio interno ma anche su diverse sfere di competenza, tra le quali, ad esempio, la gestione della sanità, l’energia o il turismo. La riforma del 2001 ha fatto sì che le regioni avessero autonomia in campo finanziario e amministrativo, potendo quindi decidere liberamente in che modo spendere i loro soldi, quanti consiglieri avere e quale sarebbe stata l’entità del loro stipendio. Inoltre, lo Stato determinò le proprie competenze esclusive, lasciando alle regioni la libertà di assumere le competenze di quelle che non venivano nominate. Cosa che, però, ha causato parecchi conflitti tra le due parti.

Sfera finanziaria: il denaro che le regioni potevano spendere liberamente era raccolto grazie a Iva, Irpef e Irap. Mentre le prime due sono raccolte dallo Stato, che poi decide che parte versare alle regioni, la terza è invece un’imposta esclusivamente regionale. Il che però non significa che sia la regione a decidere quanto raccogliere, può solo agire sulla famosa aliquota di base, scegliendo quanto aumentarla o diminuirla.

Anche questo ha creato ovviamente numerose difficoltà e non solo a livello contabile: l’autonomia delle regioni ha aumentato le loro competenze sulle spese effettuabili, che erano a completa discrezione della regione stessa. Ma l’autonomia fiscale è invece rimasta più ridotta. Ciò significa che a spendere erano le regioni, ma al di sotto vi era il supporto dello Stato che raccoglieva i soldi con le tasse, che sopperiva alle varie necessità dei cittadini e che arginava eventuali problemi. Tale meccanismo, in effetti, per quanto ad una prima analisi possa sembrare funzionale, allo stesso tempo può essere controproducente: è un sistema che non prevede la responsabilizzazione delle regioni, né d’esser mosse da uno spirito d’inventiva che possa far emergere iniziative virtuose; la colpa, a prescindere dal comportamento più o meno fiscalmente scorretto degli amministratori della regione, ricadeva sempre sullo stato, visto che è il Parlamento a decidere l’aumento delle tasse. I buchi di bilancio di una singola regione, quindi, venivano pagati da tutti gli italiani, mentre la colpa dell’aumento delle tasse ricadeva sul governo. “Ogni Ente si è trovato a poter incrementare le spese senza dover pagare alcun prezzo politico in termini di inasprimento delle tasse locali”, ha scritto Luca Ricolfi.

Cosa cambia oggi? La scomparsa delle Province dalla Costituzione e della legislazione sono la parte fondamentale di una riforma che riporta la maggior parte delle competenze in seno alla Stato centrale, che può anche commissariare regioni ed enti locali in caso di grave dissesto finanziario. Vengono invece premiate, con la delega di ulteriori competenze, le regioni virtuose da un punto di vista finanziario. Lo Stato sarà inoltre dotato della possibilità di esercitare una “clausola di supremazia” verso le Regioni a tutela dell’unità della Repubblica e dell’interesse nazionale. Inoltre, sarà lo Stato a delimitare la competenza esclusiva (politica estera, immigrazione, rapporti con la chiesa, difesa, moneta, burocrazia, ordine pubblico, ecc.).


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