Tiziano Fratus è un autore che non ha certo bisogno di presentazioni, poeta e scrittore italiano, ha pubblicato in Italia oltre trenta libri e le sue poesie sono state tradotte e pubblicate in Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, Portogallo, Argentina, Slovacchia, Polonia e Brasile.
Oggi con grande piacere avremo modo di fargli alcune domande sulle sue ultime opere pubblicate da Feltrinelli, Manuale del perfetto cercatore d’alberi e Un quaderno di radici della collana digitale Zoom. Ma non solo, cercheremo di approfondire alcune sfumature di questo autore italiano che sta vivendo credo, uno dei periodi più intensi della sua scrittura. Basta notare il seguito di lettori e appassionati di natura che continuano a seguirlo non solo durate i suoi eventi di presentazione dei suoi libri, ma anche su diversi canali social come facebook.
Benvenuto su Leggere a colori Tiziano Fratus, da tempo accanto al suo nome e cognome spunta uno pseudonimo davvero curioso, Homoradix, ovvero “uomo-radice”. Da cosa nasce questa definizione?
Nasce dall’esperienza e dai bisogni, dalla suggestione e dall’ammirazione nei confronti dell’unico vero maestro che riconosco: Madre Natura. O Dio, a seconda delle chiavi di interpretazione. Negli anni in cui iniziavo a scrivere i primi libri e nei quali, lentamente e goffamente, mi trasformavo da ragazzo a uomo, perdevo le mie ultime radici familiari. Mi ritrovavo solo e sfibrato in giro per il pianeta, e una risposta è arrivata dai grandi alberi che incontrai a Big Sur. Ci avevo messo piede per respirare quei luoghi dove avevano scritto e vissuto Miller e Kerouac, e quanti altri poeti, scrittori, intellettuali e artisti, e lì, in una riserva, incontrai le mie prime sequoie millenarie. Quelle architetture colossali e naturali mi hanno profondamente inciso ed è nata una poesia, che poi è diventata la definizione di Homo Radix. Mi rendo conto che quando ne parlo o ne scrivo possa sembrare esagerato ma quel concetto, quell’immagine, quelle parole hanno rilanciato la mia vita. Hanno attribuito al mio stesso scrivere e pensare un significato che fino a quel punto non avevo percepito chiaramente. Scherzando dico che ho residenza in ogni bosco che abbia visitato, ma non si tratta di uno scherzo così sciocco: c’è del vero. Incontrare un grande albero o attraversare una foresta vetusta per me è come tornare a casa. Lì ci sono individui, anime, abitanti di questo pianeta che per me valgono come i fantasmi di certi poeti e scrittori che amo, sono tessuti della realtà che mi accolgono e riducono il mio senso di solitudine.
Gli alberi, le radici, le spesse cortecce sono elementi base con il quale affronta diverse riflessioni non solo in poesia, ma ad esempio anche nel suo “Manuale del perfetto cercatore d’alberi” ricco di informazioni e immagini stupende, dove esordisce scrivendo: Non ditemi quali monumenti ci sono vicino a casa vostra ma quali alberi. Oggi è davvero fondamentale tutelare e valorizzare la natura e questi “esseri” arcani, dalla storia millenaria?
E’ molto facile fare affermazioni che vincolino, moralmente, civilmente, l’intera umanità a obblighi o compiti specifici. Per me la vita degli uomini è frutto del caso, l’evoluzione delle specie ha portato a noi e non sappiamo nemmeno se ne siamo il punto finale. Per come si è comportata la nostra specie da quando si è presentata sul pianeta c’è da augurarsi di non vedere mai nascere una specie più evolvente della nostra. Potrebbe essere molto spiacevole. Credo che sia meglio vivere in un pianeta dove esistano ancora alberi di quattromila o cinquemila anni, piuttosto che soltanto parcheggi, centri commerciali e villette a schiera. E preferisco poter andare per mare e in lontananza notare lo sbuffo d’acqua di una balena franca, piuttosto che sapere che i miei figli non li potranno incontrare. Gli alberi e le piante hanno l’inarrestabile utilità di produrre ossigeno, che a quanto pare occorre ai nostri corpi per proseguire a vivere, e producono una quantità di sostanze che ci stanno aiutando, da almeno due secoli, a sintetizzare farmaci per sconfiggere malattie mortali. Non lo dimenticherei.
Non voglio immischiarla nella polemica ma, lei non crede che in Italia questo pensiero di appartenenza alla natura sia stato preso un po’ troppo alla “leggera” da chi invece dovrebbe considerarlo come un elemento base per il futuro? Ho fatto questa domanda alla luce di quello che è accaduto ad Ottobre a Milano dove, per esempio, per far spazio al cemento ed ai cantieri della M4 in Corso Indipendenza volevano abbattere ventisei alberi, alla fine l’assessore ha garantito solo per la salvezza di otto piante.
Trovo commovente che una parte dei cittadini si impegnino a salvare piante quando le amministrazioni preferiscono nuove edificazioni e progetti di miglioramento della viabilità. Sono stato spesso coinvolto, nel passato. Penso a situazioni che si sono verificate a Roma, a Torino, a Merano. Esiste però secondo me anche una certa facilità all’isterismo che non sempre aiuta a capire il senso delle scelte e l’opportunità di verificare se, ventisei alberi o meno, siano preferibili ad una metro funzionale. Le nostre città ospitano molti alberi e raramente prestiamo loro la dovuta attenzione e il dovuto rispetto. Basti figurarsi uno dei tanti viali alberati a platani di Roma, o di Milano, o di Bologna: noi ci passiamo accanto in auto ogni giorno ad ogni ora, provate a pensare voi stessi piantati in uno spartitraffico che viene costantemente trafficato. C’è da impazzire. Un essere vivente dotato di coscienze ne morirebbe in poco tempo. Gli alberi invece resistono pazienti per anni e per decenni. E sulla terra attorno alle loro radici spesso parcheggiamo le nostre auto, le motociclette, ci portiamo i cani o ci camminiamo. E non entrerò nel discorso potature. Tutto questo per dire che noi non abbiamo rispetto degli alberi che decorano i nostri abitati, li obblighiamo a subire condizioni estreme, ma ci allarmiamo soltanto quando un amministratore pubblico li vuole abbattere. Piantare un albero è una responsabilità. Li dovremmo trattare non come semplice abbellimento, magari per poter poi alzare il prezzo degli immobili, ma come quel che sono: esseri viventi.
Torniamo al suo bellissimo “manuale…”, lei ha scritto “Ci sono persone che affermano di parlare con gli alberi e ascoltare gli alberi.” Homoradix è uno di loro? Ma questi “guardiani” hanno davvero molto da insegnarci?
Parlare, ascoltare, dialogare con gli alberi sono ovviamente iperboli usate per alimentare l’immagine di una unione fra gli esseri viventi che abitano il pianeta. Un sentimento non dissimile da quel che unisce tanti scalatori alle cime delle montagne rocciose e ghiacciate, o un marinaio alle acque del mare. C’è una grande forza che unisce i viventi e gli ambienti del pianeta, una energia di cui parlano molte religioni e filosofie, dal buddismo prima che diventasse un ismo al taoismo. E su fino alla mitologia cinematografica di Guerre Stellari, che comunque ci “perseguita” da trent’anni. Come spiegavo in precedenza il concetto di Uomo (o Donna, o Bambino) Radice nasce da un vuoto, da una grande mancanza che la fantasia e la scrittura hanno saturato grazie all’ammirazione per gli spettacoli offertici dalla natura. Non nasce per insegnare nulla. Mi ha fatto piacere che questa risposta del tutto personale abbia coinvolto altre persone, dai lettori dei libri che ho scritto agli stessi editori che si sono dimostrati interessati. Feltrinelli è stato il primo fra i grandi a farsi avanti, e di questo sono loro molto grato. L’insegnamento nasce da un desiderio di ascolto, esistono uomini che questo ascolto lo prestano, e ci sono uomini che invece credono di sapere tutto o di non aver bisogno di imparare nulla. Purtroppo mi pare che i secondi, nei nostri giorni, siano ben più numerosi dei primi.
Da una guida esaustiva scritta e vissuta con gli occhi di un viaggiatore scrupoloso, ad una raccolta di poesie intense “Un quaderno di radici”. In quest’opera la mano del “poeta” è tutt’uno con la terra, con la radice?
La mano del poeta è una radice. Come lo sono i suoi occhi. Come lo è il suo cuore. Le nostre mani provano piacere ad accarezzare un prato, una corteccia, o a posarsi sulla terra tiepida della primavera. Spesso i corpi sanno cose che la mente non accetta o non vuole accettare. Un quaderno di radici offre liriche nuove ma è anche una ricognizione di poesie scritte in precedenza, uscite in piccole e numerate edizioni. La poesia è, fra le tante possibilità di scrittura, quanto più si può avvicinare ad una filosofia segreta, ad una carboneria che unisce, vagamente, persone maniache del significato di ogni parola, feticisti degli spazi che vibrano intorno alle parole stesse. La poesia è potente perché ti porta a scavare verso una verità, una verità che è invariabilmente soggettiva ma tenta di farsi obiettiva. Nei casi più riusciti la soggettività riesce ad essere condivisa.
Nella sua poesia “Autoritratto di paesaggio con gelso” dice: ho cominciato a respirare \ nel tronco cavo d’un gelso, \ ho varcato la soglia dell’età adulta. La sua esistenza poetica è legata profondamente agli alberi, ma questo legame può realmente smuovere le coscienze dei più scettici verso la natura?
Sì, questa è una delle poesie a cui mi sento più legato. Mi rappresenta meglio di tante altre. La inserirei in apertura a tutti i libri in prosa che scrivo. Gli alberi sono una famiglia, per me, una famiglia che ogni giorno si amplifica nella pratica dell’alberografia, ovvero del navigare nel mondo, grande o minuto che sia, per conoscere e toccare. La scrittura è compagna e conseguenza dell’esperienza. Ma mi sono anche scoperto abitante di un mondo contratto fra carta e corteccia: i boschi sono talvolta reali, talvolta immaginari, cartacei, abitano quei libri che amo leggere. I più scettici rimarranno scettici, non mi faccio illusioni in merito. D’altro canto ogni uomo ha come principale obiettivo cercare di vivere meglio che può.
L’uomo che insegue a tutti i costi la libertà come ha scritto nei versi di I lupi,crede che riuscirà a fare la scelta giusta davanti a questo bivio: odiare l’umanità intera\, oppure finire a mendicare il giudizio di altre persone. Forse ci vorrebbe una terza azione?
Esistono infinite terze possibili azioni. Una parte di queste le andiamo a scegliere nel corso del tempo che spendiamo su questo pianeta. Talvolta adottiamo le misure estreme, l’odio o la mendicanza. Talvolta no. La libertà è preziosa ovviamente per tutti coloro che si trovano a vivere in tempi difficili e di dittatura, ma anche questo estremo mito della libertà a tutti i costi che oggi pensiamo di conquistare con una BMW sotto al sedere o l’ultimo telefono cellulare, è falsa. E’ il contrario della libertà. Libertà è non aver bisogno (quasi) di nulla, è poter scegliere se o se non. Non continuare ad acquistare. Tutta questa libertà di essere un acquirente progressivo si sta mangiando vivo il cittadino che anzitutto dovremmo cercare di essere, la politica se ne è accorta e questo secondo me è molto pericoloso. Io da sempre vivo le condizioni estreme, sono un anarchico, a mio modo: talvolta l’umanità la respingo, talvolta la cerco con passione e slancio. E nelle vie di mezzo, purtroppo, ci resisto poco.
La chiusa di questa sua ultima risposta mi ha davvero affascinato, d’altronde il buon vecchio Oscar Wilde diceva che “la forma di governo più adatta ad un artista è l’assenza di qualunque governo” pensiero che ha accompagnato anche molte dichiarazioni di Fabrizio De André. Voglio ringraziare a nome di tutto lo Staff di Leggere a colori Tiziano Fratus per questa bella intervista, per il tempo che ci ha dedicato e per aver risposto ad ogni domanda in modo davvero semplice e esauriente. Consiglio vivamente queste sue due opere Feltrinelli, Manuale del perfetto cercatore d’alberi ed Un quaderno di radici della collana digitale Zoom, perché sono proprio due delle ultime opere fondamentali per conoscere appieno questo ottimo scrittore e poeta.
Festeggia con Zoom Feltrinelli i suoi 4 anni di libri!
Clicca sull’immagine per accedere a interviste, curiosità e anteprime in tempo reale.