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To be or not to be Chaplin: e noi torniamo ad essere

Da Riflessialmargine
To be or not to be Chaplin: e noi torniamo ad essereNon Essere: là, dove avevamo messo a riposare le nostre parole che un tempo sgorgavano fluenti e poi hanno smesso d'essere. Per chi, per cosa, mancano le emozioni, gli stimoli, quasi un senso e una direzione. Caduti anche noi nell'oblio del non essere non abbiamo più trovato parole per poter raccontare, perché da tempo è venuta a mancare la scintilla che le generasse. E così siamo scomparsi anche noi, sebbene i vecchi articoli continuino a sopravvivere al proprio autore. S'è dovuti entrare al Doppio Teatro, uno dei più giovani arrivati nel già saturo panorama teatrale romano, incontrare una vecchia conoscenza, quella del Teatro Dei Limoni di Foggia, di cui già abbiamo visto due precedenti lavori su Bukowski e Vincent Van Gogh. Tanta è la temperatura dello spettacolo "to be or not to be Chaplin", che il groppo di parole si è disciolto ed ha ripreso il suo corso. Un'operazione pregevole, un salto notevole rispetto ai due precedenti, dove era presente una maggiore connotazione biografica; qui invece l'idea narrativa e concettuale svetta sopra la vita stessa di Chaplin. To be or not to be Chaplin, generato dalla penna di Nikzad e diretto da Roberto Galano, non è certo una biografia, ma una ricerca sul mondo interiore dell'attore inglese e in senso più ampio di ogni artista che ha popolato - e popola - i palcoscenici mondiali. Affondando a piene mani nell'intuizione shakespeariana dell'essere o non essere, nonché riprendendo il tema pirandelliano dell'immortalità del personaggio rispetto al suo creatore, si precipita nel nero pozzo del dubbio amletico e raccogliamo solitudine, paure, desiderio di Essere non soltanto il proprio personaggio, ma uomini al di fuori di esso. La paura di invecchiare e morire si scontra con l'immortalità del personaggio Charlot: Charles ha creato Charlot, Charlot ha ucciso Charles. Un lavoro macabro se vogliamo - seppur condito da note ironiche - con un lato oscuro molto spiccato a nostro avviso, la forza interpretativa di Giuseppe Rascio è aggressiva e ruvida - in forte contrasto con l'iconografia dell'originale Charlot - pregna di dramma, con esalazioni di malinconia e delle connotazioni ancora più inquietanti quando entra il fantoccio di Chaplin anziano su una sedia a rotelle. La luce non è mai diffusa, Charlot è quasi l'ombra di se stesso - essere o non essere - il lavoro rovista nella spazzatura dell'animo di ogni artista - ma anche un po' di tutti gli uomini - e lascia un sapore amaro, t'inchioda al muro e t'obbliga a riflettere. Non c'è scampo alcuno, quel cappio che pende in scena avvolge tutti i nostri colli: ed è così che torniamo ad Essere.
M. Di Stefano
  
“To be or not to be Chaplin” di D. F. Nikzad
con Giuseppe Rascio
musiche originali Mario Rucci
pupazzone Rosanna Giampaolo
elementi scenici Nicola delli Carri
assistente alla regia Francesca De Sandoli
regia Roberto Galano 
fino al 22 febbraio presso
Doppio TeatroVia Tunisi 16 - Roma

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