La vicenda ha luogo in un albergo-eremo-prigione, nel quale capi politici, grandi industriali, banchieri e dirigenti d’azienda, tutti appartenenti alle varie correnti democristiane, si ritrovano per gli annuali ritiri spirituali di tre giorni per espiare i reati di corruzione e altro che essi erano soliti praticare. Questa volta la riunione avviene in concomitanza con una epidemia che miete numerose vittime in Italia.
All’interno di questo luogo, chiamato “Zafer”, in realtà dovrebbe avvenire una sorta di rinnovamento del partito, della propria struttura, dei propri vertici, dei propri interessi (storicamente, quando il film uscì, durante il governo Moro, era il periodo in cui si iniziò a parlare di compromesso storico tra DC e PCI) al fine di mantenere il potere nel Paese. Tra litigi continui e violenti, accuse reciproche e poca pratica spirituale, si sviluppa una serie di apparentemente immotivati delitti, che eliminano, uno alla volta, i personaggi di primo piano del partito.
Tra i tantissimi personaggi, vi è il Presidente, interpretato da Gian Maria Volontè, nei panni del capo politico conciliante, bonario, che mira ad accontentare tutti, ma segretamente animato da un’infinita sete di potere e di dominio.