Tokyo

Da Albino

Odio questa citta’. Mi stanno sulle palle i salarymen in perenne vestito nero con scarpettina nera a punta rotonda piccola, perche’ qui hanno il piedino piccolo, camicia bianca e cravatta di merda. Mi stanno sulle palle la mattina quando dormono in treno, a mezzogiorno quando tirano su ramen e zuppe varie facendo un casino atroce, di pomeriggio quando li vedi in giro a cazzeggiare con la scusa di una trasferta qualsiasi. Mi stanno sulle palle la sera quando si accalcano in treno, e naturalmente la notte quando non si reggono in piedi dalle sbronze che prendono con i colleghi. Mi stanno sulle palle il sabato e la domenica, quando li vedo andare al lavoro sbattendosene del fatto di avere una famiglia. Anzi, credendo che l’azienda sia la loro famiglia.

Non sopporto le giappine, il cui unico obiettivo nella vita e’ trovare marito e fare le casalinghe. Qui piu’ una e’ brava ragazza e piu’ si veste da troia, piu’ e’ troia piu’ si veste da brava ragazza. Eppure, tutte hanno quel solo, unico obiettivo in testa. Anche le bionde ossigenate parruccate cigliafintate che trovi a Shibuya. Mi sta sulle palle questa societa’ divisa a caste di fatto, per cui ognuno e’ quello che e’ a seconda di come e’ nato. Sei maschio, fai carriera. Sei femmina, non puoi far carriera. Sei straniero, non puoi fare un cazzo. Mi sta sulle palle il lavaggio del cervello, la mancanza cronica di stimoli di questa societa’ in decadenza.

Eppure.

Eppure oggi passeggiavo per questa citta’, e mi dicevo che non riuscirei a farne senza. Una volta vista Tokyo, il resto del mondo e’ solo una collezione di paesotti. Eppure, la metropoli piu’ grande del mondo e’ anche la piu’ pulita. Eppure, la metropoli piu’ grande del mondo e’ pure la piu’ sicura.

Ma non e’ solo questo. E’ il fatto che in questo posto ti senti al centro del mondo, eppure ha strade da paesino, un traffico ridicolo, silenzio, calma, pulizia, ordine. E’ un posto terribilmente difficile da raccontare a chi non ci sia mai stato.

Perche’ nella Metropoli tentacolare non ci sono monumenti, non ci sono piazze, non c’e’ un centro. Non c’e’ neppure una logica il piu’ delle volte. Anzi: prendendo la mappa della citta’ e tracciandone il centro fisico non  si arriva a un posto di grattacieli o di centri commerciali, ne’ a un quartiere di case di lusso, roba da milionari. No, si arriva a una semplice area fatta di casette basse col giardino, appartenenti a famiglie normali. Si’, quelle dei cartoni animati. Si’, come quella di Ataru Moroboshi. E ad andarci, non sembra neanche di essere in citta’. Paradosso dei paradossi.

Tokyo non si vuol far descrivere. Tokyo la puoi raccontare, ma descrivere no. Io ci provo, ma non e’ facile far capire cosa si prova. Oggi ero in ferie compensative per il volo aereo di due domeniche fa, e ne ho approfittato per andare al mio comune a fare due carte. Tre stazioni di distanza da casa mia. Al ritorno visto che avevo tempo me la sono fatta a piedi. Niente di speciale, solo un paio di chilometri sotto il sole terso e il venticello dell’autunno.

E’ atrocemente impossibile spiegare i posti che ho attraversato. In pieno centro di una metropoli come questa ho incrociato pochissime auto, avro’ visto se e’ tanto tre cartacce per terra, zero mozziconi di sigaretta. Come fanno a tenere tutto cosi’ in ordine, e’ un mistero. Perfino in autunno non si vedono le foglie per terra, quasi ci fosse uno spazzino per albero pronto a raccogliere.

Tokyo non si puo’ descrivere. Dovete venire qui a vedere, capire… e anche, perche’ no, imparare. Nonostante i salarymen.



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