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Tom Waits e la sua musica (la discografia completa, seconda parte)
Creato il 30 giugno 2014 da TizianogbOne From the Heart (1982) Colonna sonora interamente scritta da Waits per il film di Francis Ford Coppola (è stato lo stesso regista a commissionarne il lavoro) Un sogno lungo un giorno. Vi sono brani strumentali, alcuni duetti con Crystal Gayle e canzoni con la sola voce della cantante country. Un lavoro discreto, ma nulla di eccezionale. Notevoli Little boy blue e Opening Montage. Swordfishtrombones (1983): Waits reinventa Waits e compone l'albume del suo terzo periodo, quello Weilliano. Sono infatti le musiche del compositore tedesco, il quale ebbe una proficua collaborazione con Bertold Brecht, del quale musicò le opere, ad essere la fonte d'ispirazione principale durante la stesura di questo album. Le sonorità dure, spigolose ed affascinanti di questo album sono il punto di rottura definitivo di Waits con il mondo del Pop (se mai uno come Waits abbia potuto farne parte) e lo collocano di prepotenza nell'Olimpo della musica d'Autore contemporanea, elevandolo qualche gradino al di sopra qualunque cosa sia stata fatta negli Stati Uniti fino a quel momento (Captain Beefheart a parte, forse). Non è un caso che questo nuovo lavoro venga pubblicato con una nuova etichetta, la Island, più aperta alle nuove sonorità, difficili ed emblematiche del cantautore californiano. Swordfishtrombones è un capolavoro senza tempo, un caleidoscopio di suoni, rumori, melodia e ritmo che ti entra sotto pelle dopo diversi ascolti, ma una volta lì sotto non ne esce più. Nuovi suoni e nuovi strumenti (Marimba, cembali, percussioni africane) fanno di Swordfishtrombones il capolavoro che ha destrutturato la musica pop stravolgendone i limiti e le coordinate. Difficile etichettarlo, ed altrettanto difficile definirlo. Semplicemente geniale e semplicemente Waitsiano. Tra le composizioni più belle: Shore Leave, Johnsburg (Illinois), 16 Shells from a Tirthy-Ought six, In The Neighborhood, Just Another Sucker on the Wine, Swordfishtrombone, Down Down Down, Soldier's Things, Gin Soaked Boy. Rain Dogs (1985): Il nuovo Waits ripete l'esperimento dell'album precedente, ed al nostro eroe si uniscono tutta una serie di amici-musicisti di rispetto che rendono il suono di Rain Dogs ancora più variopinto e tecnicamente ineccepibile nel suo essere sghembo e fuori dai canoni: Keith Richards, John Lurie, Marc Ribot e Greg Cohen solo per citare i più famosi. In alcune canzoni c'è una specie di riconciliazione di Waits con i generi popolari (il country di Blind Love, per fare un esempio), ma la sua voce si è ormai così incupita ed arrugginita- fin quasi a disintegrarsi ogni volta in minuscole particelle nere come l'inferno - che è ormai diventato difficile, se non impossibile, definirlo pop. D'altro canto, c'è della poesia, nella sua cavernosità (così tanta da riempirne libri interi), ed alcuni pezzi di questo album saranno poi ripresi da artisti rock e portati alla fama mondiale (Time, Dowtown Train). Rumori, cacofonie, melodie e stravaganza geniale: Rain Dogs è tutto questo ed anche di più. Le migliori canzoni? Mi verrebbe quasi da dire: tutte... ma se proprio dovessi sceglierne qualcuna: Clap Hands, Jockey full of Bourbon, Tango 'till They're Sore, Time (di questa c'è anche una cover in italiano di Fiorella Mannoia), Blind Love, Downtown Train, Anywhere I lay my Head. Frank Wild Years (1987): Musical ideato e scritto da Waits con la moglie Kathleen Brennan, compositrice e produttrice che Waits conobbe sul set di Un sogno lungo un giorno, Frank Wild Years è un concept album che condivide con Blue Valentine le reminiscenze urbane e con il Waits del secondo periodo (quello di Swordfishtrombones, per intenderci) le sonorità spigolose e destrutturate. Nell'insieme è un gran bell'album, che non risente minimamente della sua destinazione teatrale d'origine. Non un capolavoro come i due precedenti, ma ci sono diverse canzoni memorabili: Temptation, Innocent when you Dream (struggente), Way Down in the Hole, Straight to the Top, I'll take New York (quasi una versione allucinata e metamfetaminica di New York New York), Cold Cold Ground. Big Time (1988): Il secondo live di Waits è la riduzione musicale di uno spettacolo teatrale del Cantautore californiano, da cui è stato tratto un film musicale a cui, come al solito quando si tratta di Waits, è difficile dare una definizione ben precisa. A metà strada tra il musical, il teatro canzone e la performing art, Big Time è un po' la summa del periodo più sperimentale e recente del genio di Pomona. Superfluo dire che andrebbe visto, oltre che ascoltato, almeno una volta. La scaletta dei brani include pezzi dei suoi lavori maturi: Swordfishtrombones, Rain Dogs e Frank Wild Yars. Stravagante, eccentrico e visivamente sgargiante, Big Time è Waits all'ennesima potenza. Per chiunque fosse interessato, qui si trova il film per intero. Bone Machine (1992): Dopo cinque anni dall'ultimo album di studio, Waits ritorna con l'ennesimo capolavoro. Suoni cupi ma gioiosi, malati eppure tremendamente vitali. Sembrerebbero contraddizioni in termini, eppure Waits riesce nuovamente a stupire (o stuprare) le orecchie dell'ascoltatore con canzoni che colpiscono nel profondo dell'anima, scatenandone gli istinti pulp-rock più genuini. Pieno di ritmo, rumori, cacofonie e pervaso dal suo vocione cavernoso e genuino, Bone Machine è l'album che non ti aspetteresti di sentire da chi pensi ormai abbia già detto tutto. Eppure Waits riesce per l'ennesima volta a rinascere dalle ceneri dei precedenti album e a consegnarci un nuovo stile, un ulteriore passo avanti verso la distruzione/ricostruzione dei suoni e delle melodie. Indimenticabili, come al solito, le sue ballad pianistiche (Whistle Down the Wind, a Little Rain). Con la collaborazione amichevole di Keith Richard e David Hildago (Los Lobos). Gioielli tra le molte perle: Such a Scream, Who are you, Jesus gonna be Here, Murder in the Red Barn, I don't Wanna Grow Up.
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