Tomasi e Valenti: “Il Trentino non è il paradiso”

Creato il 04 febbraio 2013 da Tipitosti @cinziaficco1

Hanno avuto il coraggio di sfatare un mito: il Trentino Alto Adige, regione ad autonomia speciale, non è l’Eden. L’hanno fatto attraverso un libro, pubblicato di recente da Città del Sole, una casa editrice di Reggio Calabria, dal titolo: La farfalla avvelenata- Il Trentino che non ti aspetti.

I tipi tosti di turno sono i giornalisti di Trento Andrea Tomasi (’73) e Jacopo Valenti (’82) che in 185 pagine descrivono un Trentino in cui ci sono: traffici di rifiuti tossici, controllori che non controllano, paura per ambiente e salute. Con particolari inediti, i due raccontano le tre indagini (Triudentum, Fumo negli occhi ed EcoTerra) con le quali si è scoperto che sostanze provenienti da mezza Italia hanno come capolinea il profondo Nord, quella provincia difesa dallo Statuto di autonomia e dai suoi soldi. Un territorio incontaminato solo in apparenza.

Avete sfatato un mito: la farfalla, simbolo scelto per promuovere il Trentino nel mondo, sarebbe avvelenata da scorie, fumo, diossina. Quindi mettete in dubbio la recente classifica de Il Sole24 ore, secondo cui Bolzano e Trento sarebbero le città dove si vive meglio. E’ così?

Non crediamo di poter mettere in dubbio le classifiche. In Trentino si vive bene rispetto ad altre parti d’Italia. Di sicuro, però, per quanto riguarda difesa della salute e dell’ambiente, la realtà è molto diversa da quella raccontata con i parametri delle classifiche nazionali. La farfalla è il simbolo della promozione turistica del Trentino: una terra che ha dei piccoli-grandi angoli di paradiso.

Ma?

E’ un paradiso che, in tante occasioni, l’autonomia speciale del Trentino, con i suoi tanti soldi, non è riuscita a difendere. Ci sono gli sfregi alla Marmolada e, come raccontiamo ne La farfalla avvelenata, c’è il traffico di rifiuti tossici e pericolosi. Nessuno mette in dubbio che qui, in provincia di Trento, ci sia un’elevata qualità della vita, ma la farfalla sta male. Non lo diciamo noi. Lo dicono gli atti giudiziari della Procura della Repubblica di Trento che, con il Nucleo investigativo del Corpo forestale dello Stato, ha alzato il coperchio di una pentola di veleni: scorie depositate nelle ex cave di Monte Zaccon (Valsugana) e Sardagna (Trento), fumi di acciaieria a Borgo Valsugana e “bonifiche” agrarie, dove però finiscono anche residui industriali.

Dunque, autonomia speciale non è sempre sinonimo di maggiore responsabilità, maggiore senso civico e quindi maggiore benessere?

I trentini fanno spesso un vanto della loro diversità. Queste inchieste ci hanno riportato sulla terra: i trentini si sono scoperti meno sani e meno belli, come ricorda Claudio Sabelli Fioretti nella prefazione. “Abbiamo scoperto che non siamo immuni dal male del traffico di rifiuti tossici. Abbiamo scoperto che i controllori non controllavano e che l’autonomia speciale non sempre ci difende. Insomma, non siamo migliori, come qualcuno ancora pensa.”

Si tratta di fenomeni in qualche modo noti da tempo?

Noi abbiamo intrecciato gli atti giudiziari con la cronaca degli ultimi anni (dal 2007 al 2012). A questo si devono aggiungere intercettazioni (ambientali e telefoniche) inedite e i capitoli riguardanti le nuove indagini: in Val di Sella, poco lontano da Arte Sella (dove c’è la famosa cattedrale vegetale) e meravigliose aree montane, i Forestali dello Stato hanno individuato nuovi depositi di scorie industriali. In questo caso si tratta di discariche autorizzate in passato. Quindi tutto formalmente legale, ma l’inquinamento a norma di legge non è una novità… Le indagini sono in corso. Vedremo. Quel che è certo è che gli inquirenti si stanno concentrando su un ambiente che si pensava incontaminato. Intanto il Comune di Borgo Valsugana ha emesso un’ordinanza, vietando a due famiglie di utilizzare l’acqua di sorgente di quella zona. Poi è stato aperto un altro procedimento giudiziario riguardante le diffusioni dei fumi di acciaieria.

Dalle associazioni ambientaliste è arrivato un sostegno concreto alle indagini?

Le associazioni e i comitati cittadini sono al centro di tutte queste vicende. Sono stati i cittadini a sollevare il problema del traffico sospetto di camion all’interno delle ex cave, trasformate in depositi di rifiuti industriali. Le segnalazioni erano arrivate ai Forestali della Provincia autonoma, ma alla fine sono dovuti intervenire i Forestali dello Stato, quelli di Enego (Veneto). Sono stati i volontari dei Medici per l’ambiente a fare le controanalisi dei terreni di Borgo Valsugana e dintorni: analisi fatte fare in Germania, a spese dei cittadini, che smentivano quelle dell’Agenzia provinciale per l’ambiente.

Chi in qualche modo ha tentato di ostacolare l’attività della magistratura?

E’ difficile dire chi ha frenato. Di sicuro c’è stata inerzia da parte degli organi provinciali competenti. Di sicuro c’è stato troppo silenzio. C’erano rapporti stretti fra pezzi degli uffici provinciali e certi imprenditori, dedicati al trasporto e allo smaltimento delle sostanze. Sono elementi accertati negli atti giudiziari. Nel libro raccontiamo i fatti e cerchiamo, con parole semplici, di far capire cosa è successo, cosa sta accadendo e cosa rischia di accadere. In alcune zone c’è paura per ambiente e salute.

Come pensate sarà utilizzato il materiale raccolto nel vostro libro?

Un risultato lo abbiamo già ottenuto: “La farfalla avvelenata pare piacere ai lettori. Registriamo grande interesse da parte delle persone che partecipano alle presentazioni sul territorio. I responsabili delle associazioni ambientaliste (Wwf in primis) ci dicono che sta crescendo la sensibilità da parte della gente. Questo, pensiamo, accade quando è in gioco la nostra salute, perché il problema dell’inquinamento e dei suoi effetti riguarda tutti noi. Speriamo che questa attitudine non si sciolga come neve al sole e possa essere utilizzata per cambiare le cose. In fondo il nostro, e quello dei comitati cittadini, è un atto d’amore verso questa terra.

Quanto è stato duro e, soprattutto, rischioso il lavoro di raccolta e pubblicazione dei dati?

Il lavoro di ricerca è durato circa cinque mesi, mentre quello di stesura e perfezionamento dei testi circa sei. Più che duro è stato impegnativo, visto che dovevamo conciliare la scrittura del libro con il nostro lavoro e le nostre famiglie. Ci siamo spesso trovati a studiare le carte e a scrivere di notte. Ma avendo entrambi passione per il nostro mestiere è stata allo stesso tempo un’occasione di crescita professionale e umana non indifferente. Quanto al rischio, viene un po’ da sorridere: si tratta della nostra professione, quella di giornalista. Non ci vuole coraggio. Non servono atti eroici. Quelli che rischiano le pelle sono semmai i cronisti di guerra che lavorano sul campo e senza coperture “embedded”, o quelli che raccontano la mafia da vicino e vivono sotto scorta.

Quindi non temete ritorsioni?

Assolutamente no.

Come andrà a finire?

Staremo a vedere. A maggio ci sarà una nuova udienza sulle presunte emissioni oltre i limiti da parte dell’Acciaieria Valsugana. Si tratta di una nuova indagine rispetto a quelle che raccontiamo nel libro. E, ancora una volta, sono stati i cittadini a segnalare i problemi agli organi di controllo del Corpo forestale dello Stato. Quindi è come se si fosse ripetuto quanto era successo nel recente passato: controllori locali che non controllano, cittadini che segnalano e Forestali dello Stato (non della Provincia autonoma di Trento) che intervengono. Politica inerte. Questa non è certo rassicurante.

Quali interventi servirebbero subito?

Un po’ di umiltà da parte di certi organismi e attori istituzionali non guasterebbe. Inoltre mancano indagini ambientali disaggregate comune per comune per scovare eventuali correlazioni tra inquinamento e salute. Perché in una terra dal bilancio miliardario, quale è il Trentino, non si spendono soldi per questo tipo di analisi? La sensibilità ambientale dei cittadini, come detto, c’è. Ricordiamo che in valle di Non (la valle delle mele trentine), per fare un esempio, ci sono stati residenti che hanno sollevato la questione dei pesticidi utilizzati in agricoltura.

Il Trentino come Gomorra?

Il Trentino non è la Campania e non lo diventerà. Certo, i potenziali pericoli, come hanno dimostrato le inchieste, ci sono e finora – almeno nei casi oggetto delle indagini della Procura – sono stati sottovalutati. L’importante è che i singoli cittadini sviluppino una coscienza civile e imparino a difendere singolarmente il loro bellissimo territorio, che è il presente e il futuro di questa piccola comunità, protetta da uno statuto speciale di autonomia.

Quanto vi sentite tosti?

Tosti sono i cittadini impegnati nella difesa del territorio. Tosti sono gli inquirenti che hanno indagato malgrado un certo fastidio a dir poco malcelato da parte delle istituzioni. Le indagini sono state condotte da due donne: la vice questore del Nucleo investigativo forestale Maria Principe (curiosamente “Principe” è anche il soprannome dell’ex governatore del Trentino Lorenzo Dellai, oggi candidato al Parlamento) e il pm Alessandra Liverani. Due donne. Forse non è un caso. Noi abbiamo solo fatto il nostro lavoro. Abbiamo raccontato i fatti. I lettori, i cittadini, hanno uno strumento per informarsi, capire, farsi un’opinione.


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