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Toni Takitani

Creato il 05 marzo 2012 da Makoto @makotoster
*** Flashback ***
Toni TakitaniTonyTakitani  (トニー滝谷, Toni Takitani). Regiae sceneggiatura: IchikawaJun. Soggetto: dall’omonimoracconto di Murakami Haruki. Montaggio:Tomō Sanjo. Musica: Sakamoto Ryūichi. Interpreti e personaggi: Ogata Issei (Tonye Shozaburō Takitani); Miyazawa Rie (Konuma Eiko, Hisako); Hidetoshi Nishijima(narratore). Produzione: Tony TakitaniFilm Partners, Ichikawa Jun Office, Wilco Production. Durata: 75’. Uscita nelle sale giapponesi: 29 gennaio 2005.  Link: Mark Schilling (Japan Times) - Chris MaGee (Toronto J-Film PowWow) - Jonathan Trout (BBC Films)
Tratto dall’omonimo racconto di HarukiMurakami (pubblicato nel 2010 da Einaudi nellaraccolta I salici ciechi e la donnaaddormentata,  nella traduzione di Antonietta Pastore), Tony Takitani è prima di tutto unbell’esempio, libero e fedele, di trasposizione cinematografica. I dialoghicorrispondono alla lettera al testo scritto, sceneggiatura e racconto procedonopressoché all’unisono nel narrare la solitaria esistenza di Tony. Prima ilritratto dei genitori: un solo poetico quadro dedicato alla madre, morta tregiorni dopo il parto, e la presenza, sporadica e indifferente, del padreShozaburō, trombettista jazz di un certo successo, ma poco tagliato per ilmestiere di genitore. Poi, in successione, l’infanzia e la giovinezza di Tony, il suo talento per il disegno chediventa mestiere. L’amore per la giovane Eiko, che si veste «come se fosseavvolta da una speciale brezza», «come un uccello che decolla per una terralontana». Un matrimonio sereno, senza ombre, turbato però dai continui acquistidi abiti da parte di Eiko, che tenta di liberarsi da questa dipendenza con unatto di ribellione (la restituzione degli ultimi acquisti) che la conduce amorire in un incidente stradale. La nuova solitudine del protagonista, cheimmagina di potersi abituare al dolore ingaggiando un’assistente, Hisako, cheindossi gli abiti che furono di Eiko. Il pianto della prescelta alla vistadegli abiti, Tony che comprende la fine del suo amore e licenzia Hisako primaancora che inizi il suo lavoro entravesti, per poi liberarsi di tutti gli abiti della moglie «a un ventesimodel denaro speso per comprarli». La morte di Shozaburō, la vendita dei suoidischi jazz per «una bella somma» e Tony che rimane, una volta di più,veramente solo.   Per quanto fedele al racconto originale,il film vi si sovrappone solo in parte. Il tagliente nichilismo in forma difiaba che pervade il racconto di Murakami cede il passo a una chiara simpatiaper il protagonista: a parità di storia, il discorso si focalizza sulla vittima(l’uomo) e non sul carnefice (il destino). Protagonista del racconto è,infatti, la distribuzione casuale della morte, talvolta fortunosamente evitata(come accade a Shozaburō prigioniero in Cina durante la seconda guerramondiale) e più spesso incontrata a sorpresa, in sala parto (dalla madre diTony) o a un incrocio stradale (come capita a Eiko). Murakami ci comunical’esistenza di un cosmo inospitale; Ichikawa, invece, ci parla dell’uomo, chesi oppone al vuoto cercando di costruire un ordine, fabbricando rapporti.L’intenzione di andare oltre alla fonted’ispirazione è chiara sin dal prologo del film, dove vediamo un bambinointento a costruire una nave di sabbia sulla spiaggia e, sullo sfondo, le lucidei lampioni e il profilo della città all’imbrunire. Chiuso nel suoimpermeabile, un impiegato passa accanto al bimbo portando una voluminosa borsada lavoro, rallenta impercettibilmente il passo e gira intorno alla costruzione,con il viso confinato nel fuori campo e le note stranianti di Sakamoto Ryūichiad avvolgere il quadro colorandolo di tristezza. La libera interpretazione delregista si riafferma, ancora, immediatamente prima dei titoli di coda, conl’addizione di un enigmatico finale aperto a dire della reazione dell’individuoalle onde del destino.Sono due eventi che non compaiono nelracconto, ma ne sintetizzano alla perfezione il clima, che sa di solitudine,d’indifferenza, di lontananza da una qualsiasi prospettiva comunitaria; conl’addizione, però di una tensione progettuale che porta l’uomo a confrontarsi,senza soccombere, con la fragilità dei materiali a disposizione. Il gioco dei continui rimandi fra parolee immagini si manifesta anche nell’uso che il film fa dei movimenti dimacchina. Numerose le carrellate laterali lentissime, quasi al rallentatore:l’azione sembra così svolgersi come in un acquario, o nelle teche di un museo.Qui la scelta di regia rende fedelmente la non empatia del racconto, esamina larealtà che scorre davanti all’obiettivo – “le infinite possibilità (o almeno inteoria le infinite possibilità) che l’esistenza di un essere umano comporta” -come un reperto al microscopio. Subito, però, il regista torna a un registropiù condiviso, utilizzando un “mezzo rallenty”poetico ed elegantissimo (la madre di Tony vestita con il tradizionale kimonoripresa fra gli alberi; Eiko, intenta a lavare l’automobile, che volgescherzosamente la pompa dell’acqua in direzione di Tony), buono anche per anticipareche Hisako non potrà mai essere Eiko (i due personaggi, interpretati dallamedesima attrice, salgono la strada di casa Takitani con ben diversoportamento). I campi lunghi e lunghissimi sulla città, con l’inquadraturasatura di cielo, riportano il discorso alle molteplici assenze intorno allequali si articola il racconto di Murakami.Ancora equilibrio fra soggetto eoriginalità nell’uso della voce narrante: elemento di per sé fortementeletterario, ma sempre a rischio di maniera. Ichikawa non vi rinuncia,mantenendo vivo il tono fiabesco del racconto, ma lo rivitalizza, inserendo unacontinua interazione fra narratore e personaggi - essi stessi spettatori dellaloro vita - che intervengono a chiudere una frase, si sostituiscono alnarratore, danno voce alla loro interiorità. L’artificio si fa notare non tantoperché genera sorpresa e induca empatia, ma poiché supera la freddezza che è lacifra stilistica del racconto di Murakami. La sensazione che prevale al terminedella visione è quella di una temperatura emozionale più calda rispetto aquella del racconto: lo svolgimento iconico avvicina lo spettatore allasoggettività del protagonista, mentre quello letterario traveste in forma diquasi-fiaba un’amara riflessione sul destino e sul nulla che circonda l’uomo.Il germe di tale lettura è presente in Murakami, dove scrive che «in quell’uomoc’era qualcosa di bellissimo»: il film svolge proprio la semplice bellezza chesi sprigiona dal desiderio di “normalità” (personale, professionale esentimentale) di Tony Takitani. [Gian Piero Chieppa]

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