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Una ragazzina scomparsa, gli altarini di una città immersa nella natura che pian piano vengono a galla. Stiamo parlando di Twin Peaks? No.
Un regista alla direzione che arriva dal grande cinema e che si porta dietro l'attrice feticcia. Ancora Twin Peaks? No.
Una detective mascolina e volitiva, con parecchi problemi personali alle spalle -tra cui un probabile marito che la aspetta- che si ossessiona al caso. Stiamo parlando di The killing? No.
Le analogie con serie tv diventate cult si ferma qui.
Top of the Lake pur incentrandosi sulla scomparsa di un dodicenne incinta -probabilmente stuprata- con le indagini a capo di Robin, tornata nella città natale dopo anni di lontananza, e con alla regia la grande Jane Campion è in realtà qualcosa di diverso. Non qualcosa di più forte, più appassionante, più inquietante. Semplicemente diverso dagli altri telefilm di cui richiama qualche elemento.
Composto da soli 7 episodi, TotL indaga sulle malefatte di una cittadina neozelandese dove spadroneggia quel troglodita di Matt Mitcham. La piccola Tui è una delle sue figlie, cresciuta in un ambiente famigliare tutt'altro che sano e in un ambiente cittadino ancora più preoccupante, visti i crimini e i delitti che la stessa polizia lascia impuniti.
Nello stesso giorno in cui si scopre la gravidanza di Tui, un gruppo di donne sole e ferite si stanzia nella
tenuta di Paradise, guidate da una guru reticente in cerca di guarigione (la grande Holly Hunter) e Robin, esperta in casi infantili viene chiamata per il caso.
Si avanza così in più storie da raccontare: quella delle donne sole, quella di Tui e dei ragazzi della città, ma soprattutto quella di Robin Griffin, che ritrova il suo amore degli anni dell'adolescenza e deve affrontare così il suo passato tormentato tra una madre malata terminale e ricordi dolorosi.
Il tutto si compone in una serie di anticlimax d'autore, dove nonostante l'appassionarsi ai personaggi viene un po' meno, si resta stupiti per come le cose succedano così, tra il naturale e i rimbombi poco assordanti. Jane Campion dosa in modo manieristico gli avvenimenti, confezionando il tutto con una splendida fotografia che va a scoprire territori naturali e incontaminati di accecante bellezza. I personaggi, sporchi e rudi, non aiutano, è vero, ma il tutto si risolleva con un finale inquietante, in cui la normalità faticherà a ristabilirsi.
Presentata in anteprima al Sundance Festival, è una di quelle serie che merita una visione.
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