Una volta tolti, con precisione chirurgica, tutti i contributi noti, quello che rimane può essere attribuito al decadimento dei famosi WIMPs (per wickly interacting massive particles) oppure a una o più popolazioni di sorgenti non ancora identificate, oppure, se proprio vogliamo essere cattivi, a effetti sistematici non tenuti nel dovuto conto. Vista la complessità dell’analisi (e le numerose cause di incertezza), non stupisce che i lavori che annunciano la rivelazione di un flusso gamma spiegabile solo come dovuto al decadimento di materia oscura, oppure di una riga gamma, sempre dovuta al decadimento di una qualche particella di materia oscura (annunciata l’anno scorso), vengano da gruppi indipendenti, che operano al di fuori della collaborazione Fermi. Fare digerire un’analisi di questo tipo ad una grande collaborazione è molto più difficile che farla accettare dai referees delle riviste serissime come, in questo caso, Physical Review D.
Questo non significa che la collaborazione Fermi non sia sensibile al problema dell’emissione gamma del centro galattico. L’articolo dedicato al centro galattico è in fieri da moltissimo tempo, senza giungere ad un risultato condiviso da tutti. Per cercare di attaccare il problema alla radice, dall’inizio del 2014 il modo di osservazione di Fermi è stato modificato per dare priorità proprio al centro galattico. Mentre continua a fare una copertura completa del cielo ogni tre ore, Fermi dedica il doppio del tempo al centro galattico al fine di accumulare più dati nella speranza di diminuire le incertezze dell’analisi.
Nessuno dubita dell’esistenza della materia oscura nella nostra galassia, né che la distribuzione debba avere un picco nel centro galattico. Il problema è essere (ragionevolmente) sicuri di avere tolto tutto il soverchio.
Fonte: Media INAF | Scritto da Patrizia Caraveo