Torino - A. Venditti
Il 17 marzo si festeggia il compleanno della nostra Italia.
Non è una festa nazionale, tanto che si celebra ogni cinquantenario ed il prossimo (2061) non potrò proprio raccontarvelo.
La data è così misconosciuta, che in questa giornata è più facile vedere gente vestita di verde folletto celebrare S. Patrizio dietro un boccale di Guinness, che sentir parlare di Unità d'Italia.
Per questa ragione, con l'Associazione Italiana Food blogger, il Calendario del Cibo Italiano celebra per un'intera settimana, la Cucina dell'Unità d'Italia, ricordando attraverso alcuni piatti emblematici, un momento cruciale della nostra storia.
Vi invito a questo proposito, a leggere lo splendido post scritto da Giulia Robert autrice del blog Alterkitchen, Ambasciatrice della Settimana, che ha dipinto in maniera magistrale il panorama storico e gastronomico dell'Italia Risorgimentale.
Perché se è vero che all'epoca vi era chi spianava la strada al concetto di "Suolo Patrio" attraverso brecce e combattimenti alla baionetta, vi era anche chi prendeva decisioni strategiche seduto comodamente in meravigliosi caffè in stile liberty, sorbendo corroboranti bevande accompagnate da ogni delizia.
Questo è uno degli aspetti che mi ha sempre affascinato di questo periodo storico.
Se si vuole fare un salto a ritroso nel tempo visitando una città come Torino, cuore pulsante del Risorgimento italiano, non si possono trascurare i suoi caffè storici.
Durante il mio primo viaggio in questa città, una quindicina di anni fa, ho avuto la fortuna di essere invitata dall'Ufficio di Promozione Turistica e di poterla scoprirla insieme a chi la vive.
Ricordo che erano i famigerati "giorni della merla": dietro un cielo terso e azzurrissimo, si stagliavano le Alpi innevate che grazie alla rifrazione, sembravano a portata di mano.
Il freddo intenso costringeva i nostri ospiti a fare delle tappe in luoghi caldi per ritemprarci, e strategicamente erano stati scelti i caffè risorgimentali.
La prima tappa fu dedicata al Caffè San Carlo, affacciato sull'omonima piazza considerata il "salotto buono" della città: specchi, stucchi, fregi dorati in art deco', tappezzerie in velluto rosso, cristalli e imponenti lampadari, sale e salette di uno charme ed un eleganza senza fine (il "gabinetto cinese" è un piccolo gioiello).
Non so se fui più impressionata dalla ricchezza degli ambienti o dal parterre des rois che gravitò in quei locali: Cavour, D'Azeglio, Lamarmora, Giolitti, Einaudi, alcuni dei nomi.
Forse Alessandro Dumas trovò qui ispirazione per uno dei suo avventurosi romanzi dopo aver sorseggiato il suo primo "Bicerin".
Di certo Gramsci qui concepì l'idea dei "Ordine Nuovo".
Poco distante vi è un'altro caffè spettacolare: Il Caffè Torino, aperto solo i primi del novecento, è diventato presto uno dei luoghi più amati dai torinesi e dalla mondanità internazionale e negli anni '50 era il punto di incontro di nomi del Jet Set cinematografico: da Ava Gardner a Brigitte Bardot, da James Stewart a Erminio Macario.
Anche solo facendo il giro dei caffè storici di Torino, si può scoprire la città attraverso uno speciale punto di vista, che è quello delle delizie che qui vengono servite.
Uno dei miei preferiti e che in questo momento è chiuso per restauri, è il Caffè Platti, su Corso Vittorio Emanuele, frequentato all'epoca da Cesare Pavese.
Mentre al Florio, rifugio di Gozzano, ho il ricordo di un bellissimo pomeriggio trascorso in compagnia di Giulia, Alessandra e tanta cioccolata, dopo aver girato a lungo per trovare un tavolino che ci ospitasse.
Al Mulassano, dov'è nato il "tramezzino", ho fatto colazione con frolle e tramezzini al salmone sentendomi quasi una regina, ma il posto che non posso dimenticare è lui, il mitico "Al Bicerin".
Io, che mi aspettavo un locale imponente sulla scia dei precedenti, mi sono ritrovata in un buchino che a malapena ospita una decina di tavolini tondi per due: boiserie eleganti ma sobrie, scaffali carichi di caraffe in cristallo contenenti confetti di ogni forma e colore, un'atmosfera ovattata e fuori dal tempo.
Il caffè non è centralissimo e merita una bella passeggiata.
Di fronte al Santuario della Consolata, era il caffè prediletto da Puccini, che abitava proprio nei pressi, ma anche Cavour, che adorava la bevanda che ha dato il nome al caffè, spesso trascorreva qui il suo tempo libero (c'è ancora il tavolino a cui si sedeva).
Dalla sua nascita, nel 1763, "Al Bicerin" ha subito una sola modifica ai primi dell'800 e da allora ha mantenuto integro il suo aspetto, testimoniando la tradizione delle cioccolaterie torinesi del XIX secolo.
Senza alcuna pretesa di insegnarvi come si prepara un Bicerin (la ricetta è tenuta segreta dai proprietari da secoli), ho voluto giocare "alle signore" e per questa occasione ho preparato i tradizionali "Torcet", biscotti secchi tutto burro originari delle valli di Lanzo, da servire con la celebre bevanda.
Ho cercato a lungo una ricetta che mi convincesse perché ho un ricordo chiaro del sapore e della consistenza di questi dolcetti, che all'assaggio assomigliano ad un misto fra frolla e sfoglia, friabili e leggeri da sembrare sfogliati.
Fra tutte le paste secche servite nei caffè Torinesi, garibaldin, briciolan, parisien, crocion, michette, ecc, i Torcet, Torchietti o universalmente Torcetti, sono i miei preferiti.
Sarà per la loro modestia, la non eccessiva dolcezza e l'inebriante sapore del burro, ma li trovo irresistibili e ringrazio proprio Giulia per avermi fornito questa ricetta attraverso la quale ho ritrovato quel sapore e quella fragranza.
Se vi consiglio di non dimezzare la quantità di ingredienti è perché non potrete fare a meno di finirvi da sole la prima placca una volta tolti dal forno.
Vi prego, fateli raffreddare e contenetevi.
Creano una fortissima dipendenza.
Il Bicerin è una bevanda a base di cioccolata, caffè e crema di latte (panna semimontata e non dolcificata).
Secondo la tradizione (e sta qui l'abilità nel preparare un Bicerin perfetto), i tre strati devono essere perfettamente separati e l'uso è di servire il tutto in bicchierini di vetro per consentire la vista di questi 3 livelli di godimento.
La cioccolata deve essere sufficientemente densa e cremosa per sostenere il caffè espresso senza inglobarlo mentre la panna deve essere leggera e sufficientemente spumosa per consentire al cucchiaino di attraversarla senza difficoltà e raggiungere i due strati inferiori morbidamente.
Pare semplice eh?
Non avendo la ricetta, sono andata per sperimentazione ed ho preparato una cioccolata/ganache, facendo sciogliere 70 g di cioccolata fondente al 50% e tritata finemente, dentro 40 ml di panna scaldata fino a farla fremere.
Ho lasciato la cioccolata riposare qualche istante mentre preparavo il caffè (moka).
Ho mescolato bene la cioccolata fino ad ottenere una crema fluida e lucida.
Ho montato 25 ml di panna fino ad una consistenza spumosa ma ferma.
Ho versato la cioccolata in due bicchierini coprendone i primi 2/4.
Aiutandomi con un cucchiaino, ho versato il caffè sopra la cioccolata per 1/4 del bicchiere facendo attenzione a non versarlo tutto nello stesso punto per non creare un buco al centro della cioccolata.
In ultimo ho versato con molta delicatezza la panna fino al bordo del bicchierino.
Come primo esperimento, niente male.
Ingredienti per c.ca 80/100 torcetti
500 g di farina 00
250 g di burro morbido di ottima qualità
10g di lievito di birra fresco
30 g di zucchero semolato (un cucchiaino per il lievito)
100 g di latte (o birra a scelta)
un cucchiaino di estratto naturale di vaniglia
zucchero di canna Demerara a cristalli grandi per rifinire
In una ciotolina sciogliete il lievito nel latte tiepido con un cucchiaino di zucchero. Lasciate attivare.
Intanto setacciate la farina e con lo zucchero fate una fontana nella ciotola dell'impastatrice.
Al centro mettete il burro morbido quindi aggiungete il latte con il lievito una volta attivo ed impastate a velocità media per ottenere un composto omogeneo simile ad una frolla.
Avvolgetelo in una pellicola e fatelo riposare 30 minuti (non in frigo).
Su una spianatoia tagliate dei pezzi di impasto e ricavate dei bastoncini lunghi e sottili come matite (cresceranno in cottura quindi non fateli troppo spessi), e tagliateli alla lunghezza di 10/12 cm.
Adesso su un lato della spianatoia versate un mucchietto di zucchero demerara e rotolatevi dentro i bastoncini e richiudeteli formando la tradizionale goccia.
Sistemateli su una placca ricoperta da carta da forno.
Riscaldate il forno a 180°.
Prima di infornare picchiettate i torcetti con un pennellino bagnato (questa operazione aiuterà la caramellatura dello zucchero) e fate cuocere per 15/18 minuti, ruotando la teglia a metà cottura.
Toglieteli quando avranno raggiunto un bel colore caramello.
Continuate così fino al termine dell'impasto.
Fate raffreddare bene quindi conservate in scatole ermetiche.
Si conservano a lungo e migliorano nel tempo.
UNA RACCOMANDAZIONE:
- Usate del burro molto molto buono. Non fateli con il primo che vi capita fra le mani.
- Non dimenticate il passaggio con il pennello inumidito
- Conservateli in maniera che non prendano aria.
- Cercate di manipolarli il meno possibile quando li formerete.
- Non aggiungete zucchero alla ricetta. Quello è più che sufficiente.
Magazine Cucina
Torcet e Bicerin per la Settimana Nazionale dell'Unità d'Italia: Torino ed i caffè che hanno fatto la Storia d'Italia.
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