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Torino è casa mia

Creato il 18 dicembre 2010 da Chiaracataldi

Torino è casa miaQualche settimana fa, passeggiando in centro a Torino col naso per aria, mi sono imbattuta in una targa in marmo tra via Carlo Alberto e la piazza omonima. «In questa casa Federico (!) Nietzsche conobbe la pienezza dello spirito che tenta l´ignoto/ la volontà di dominio/ che suscita l´eroe// qui/ ad attestare l´alto destino/ e il genio/ scrisse “Ecce homo”/ libro della sua vita // a ricordo/ delle ore creatrici/ primavera autunno 1888/ nel I centenario della nascita/ la città di Torino/ pose/ 15 ottobre 1944 a. XXII e.f.».

Insomma, Federico (!) viveva uno stato di grazia, che descrive anche nelle sue lettere, e che è in gran parte da attribuire all’effetto che la città sabauda ha su di lui: scriveva infatti di come lo affascinassero i dritti viali alberati, le piazze scenografiche e spaziose, gli edifici regolari ed eleganti che la fanno assomigliare a Parigi. Gli sembrava che Torino fosse stata costruita apposta per lui.

Ora, è vero che Nietzsche era prossimo alla follia, ma questa sensazione non se l’era inventata di sanapianta. Torino ha questo effetto su molte persone, me compresa: riesce a darti l’impressione di essere stata creata per te, che cammini per le sue strade perpendicolari col naso all’insù, per osservare i comigoli e gli abbaini dei palazzi. Ti fa sentire un re (o una regina) con quell’atmosfera quieta ed eterea, che rende al meglio in autunno, quando gli alberi che fiancheggiano il Pò si colorano di giallo e arancione, e la sera si alza una leggera nebbiolina.

Di passeggate a Torino ne ho fatte davvero tante durante i 10 mesi trascorsi lì, anche perchè abitavo in una casa freddissima dove il riscaldamento funzionava a intermittenza, quindi per stare al caldo spesso era meglio uscire e scaldarsi con una camminata, o infilarsi in qualche caffè di quelli belli storici dove fanno una cioccolata buonissima, oppure in uno dei tanti cinemini del centro.

La casa però, nonostante il freddo, era troppo carina, al quinto e ultimo piano di un palazzo antico, con i terrazzini interni e i ballatoi che si affacciavano sul cortile interno -le famose case a ringhiera-, nel quartiere multietnico di San Salvario, attaccato alla stazione di Porta Nuova. Un quartiere vivo e vivace, con tanti negozi etnici, locali interessanti e una moschea proprio di fonte alle mie finestre. Mi ci è voluto un pò prima di capirlo, che dall’altra parte della strada ci fosse un luogo di preghiera musulmano…ogni giorno, affacciandomi dal balcone, vedevo persone prostrate che pregavano, ma pensavano che fossero tante persone costrette a dormire nella stessa stanza…ma poi, un venerdì che ero rimasta a casa dal lavoro, vedendo uscire un numeroso gruppo di persone intorno alle 12, avevo finalmente capito che non era un dormitorio di fortuna, quello di fronte, ma la moschea di San Salvario.

Quel quartiere mi ha conquistata fin da subito con la sua multiculturalità: pusher di colore agli angoli delle strade, pakistani con i loro negozietti aperti 24 h, signorine in minigonna che passeggiavano su e giù anche loro h 24, con tutte le varianti metereologiche. Due numeri civici più giù c’erano invece i vigili urbani, da cui il mio ragazzo era diventato di casa, perchè ogni volta che veniva a trovarmi e lasciava la macchina, andava a chiedere se per caso non fossero cambiate le regole del parcheggio dall’ultima volta che aveva posteggiato.

Un mondo che non ti aspetti, a due passi dalle elegantissime Piazza S. Carlo e Piazza Castello, dove hanno passeggiato Re e Regine d’Italia (quelli veri però), grandi personaggi come Cavour e D’Azeglio, irriverenti poeti come Guido Gozzano, che di Torino, nell’omonima poesia, scrive “un pò vecchiotta, provinciale, fresca/tuttavia d’un tal garbo parigino”, indovinando molto prima di me la chiara somiglianza con la capitale francese.

Torino mi manca molto, e cerco di tornarci spesso, per trovare gli amici e respirare quell’area raffinata e distaccata che tanto aveva affascinato anche Nietzsche. A Torino mi sono sentita a casa, come mai mi era successo con altre città italiane. Una città che mi accoglie ogni volta di buon grado, perchè, come scriveva il Poeta ”la metà di me stesso in te rimane, e mi ritrovo ad ogni mio ritorno”.



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