The Homesman, un film di Tommy Lee Jones. Con Tommy Lee Jones, Hilary Swank, Miranda Otto, James Spader, Hailee Seinfeld, Meryl Streep. Presentato al TFF32 nella sezione Festa mobile. Proiettato in prima mondiale al Festival di Cannes lo scorso maggio, dov’era in concorso. Ripubblico la recensione scritta in quell’occasione.
Siamo in pieno West neocolonizzato. Tre donne impazzite per diversi motivi vanno ricondotte all’Est per essere curate e assistite. Si incaricano della missione una tosta farmer e una canaglia di buon cuore. Prevedibile. Voto 4
Tommy Lee Jones alla mdp
Un western stanco, inesorabilmente lento, ma non di quella lentezza magniloquente e ieratica alla Sergio Leone. Lento per consunzione interna, insufficienza di energie creatrici. Che poi oggi il western è genere impraticabile, ormai zombizzato, replica mortuaria del proprio glorioso passato. Al massino, come han fatto i furbi Coen con Il grinta, puoi tentare la strada del citazionismo e del cinema virgolettato e occhieggiante. Tommy Lee Jones invece al western sembra crederci ancora, purtroppo. Forse si era illuso che questa fosse una storia anomala, una storia che usa i codici e le convenzioni del genere per parlar d’altro, ad esempio di uomini versus donne con la solita guerra dei sessi, per esempio di follia. Ma non è bastato. Una dura e tosta farmer di una qualche parte del West neo colonizzato, senza marito e però ansiosa di trovarlo tanto da offrirsi in moglie a un vicino non proprio sveglissimo, si incarica per conto della comunità di riportare all’Est tre donne variamente colpite dalla follia, variamente impazzite, compresa una madre che ha ucciso il proprio figlio. Là, nel mondo civilizzato, qulcuno potrà occuparsi di loro. Missione dura, si dovranno attraversare pezzi di deserto, di territorio indiano, con i soliti rischi in agguato. Sicché lei ingaggerà un vagabondo ex soldato ed ex galeotto, un cialtrone non immacolato, per proteggere lei e il suo carico umano, e affiancarla nell’impresa. Succederanno molte cose, soprattutto sarà la rigida farmer, svelando inconfessate fragilità, a imprimere una scossa allo scorrere degli eventi. Tommy Lee Jones oltre a ritagliarsi il ruolo della canaglia però di buon cuore che tutto ha visto e tutto ha combinato, si mette anche dietro la macchina da presa, come aveva già fatto con Le tre sepolture presentato proprio qui a Cannes qualche anno fa. Ma purtroppo non ha né una visione di cinema personale, né riesce a imprimere un carattere a questa storia. La cui tinta narrativa, e anche emotiva, è data dalla follia che serpeggia non solo tra le tre pazze ufficialmente tali, ma contagia anche gli altri. Se vi si fosse sintonizzato, Tommy Lee Jones avrebbe potuto tirarne fuori un film come allucinato, alterato, in preda a convulsioni psichiche. Niente di tutto questo. Il risultato è molto onesto e però anche mediocre. Hilary Swank dopo un bel po’ di tempo ritrova un ruolo a lei congeniale come quello della farmer, donna sola e solo apparentemente tosta, e ne cava un’ottima perfomance. Potrebbe rispuntare in sede di assegnazine del premio come migliore attrice. Partecipazione speciale di Meryl Streep quale moglie di un pastore presbiteriano, la si vede poco ma abbastanza perché si scateni nel suo ormai collaudato repertorio di occhiatacce e mimiche facciali variamente declinate.