The Lady in the Van di Nicholas Hytner (UK). Con Maggie Smith, Alex Jennings, Jim Broadbent. Festa mobile.
Londra. Famoso scrittore (trattasi di Alan Benett) si ritrova davanti al portone di casa il van con dentro anziana vagabonda. Una quasi-convivenza che durerà 15 anni. Molto british, molto witty. Con una grandiosa Maggie Smith che da sola vale il film (che di suo non è granché). Voto 6+. ma 9 a Maggie Smith.
Per tutti quelli che adorano la britishness, il british humour, il té in tutte le sue declinazioni e aromatizzazioni, Alan Bennett (ogni tanto mi coglie il malevolo pensiero che sia un attimo sopravvalutato, poi vedo le copertine Adelphi delle sue cose e mi dico che forse mi sbaglio. Forse) e Maggie Smith. Tutte cose, a parte Maggie Smith che adoro dai tempi del suo primo Oscar per La strana voglia di Jean, che non sono proprio my cup of tea. Versione cinematografica di un libro che Alan Benett ha tratto da uno spezzone della sua vita, perché, come vien detto plurime volte in The Lady in the Van, tutto quello che capita a uno scrittore poi finisce in pagina, e dunque attenti. La vicenda, che a occhio mi pare un filo romanzata e pettinata ma forse son troppo sospettoso, narra di una molto anziana vagabonda che si fa chiamare Miss Mary Schepherd ma il cui nome probabilmente è Margaret, la quale si installa con il suo scassatissimo van in Camden Town, Londra, prima davanti alla casa di Bennett e poi nel suo vialetto privato. Sembra cosa di pochi giorni, ma questa strana coabitazione (la signora fa su e giù per usare il bagno e qualche altra comodità) dura il bello di quindici anni, tra anni Settanta e Ottanta. Periodo durante il quale emergono frammenti del suo passato, anche se fino all’ultimissimo nessuno mai saprà perché lei, ex suora, donna colta, ottima pianista con studi a Parigi, french speaking, sia finita a fare la barbona. Alan Bennett (lo interpreta Alex Jennings) si sdoppia tra il sé scrittore e il sé che vive perché l’alter ego scriva. Invece la signora del van è una sola, ed è Maggie Smith. Che è brava solo come Maggie Smith sa essere (avrei visto nella parte anche Angela Lansbury però). I film, nonostante quell’altezzosità british travestita da condiscendenza e sottile (sottile?) humor, si fa vedere, merita di essere visto per lei. Son parecchi, anche se non troppo espliciti, i riferimenti all’omosessualità del protagonista maschile. Riflessione: oggi sarebbe ancora possibile una storia del genere? Nemmeno il più illuminato e tollerante degli intellettuali credo sopporterebbe una homeless stazionata davanti alla porta per quindici anni. Ormai l’accattonaggio è arrivato a un tale livello di intensità e frequenza e pure di molestia che ogni riserva di educata sopportazione è andata esaurita, purtroppo.
Magazine Cinema
TorinoFilmFestival33. Recensione: THE LADY IN THE VAN. Grande Maggie Smith, il resto no
Creato il 23 novembre 2015 da LuigilocatelliI suoi ultimi articoli
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