Quanto bisogno abbiamo dell’ideale, del concetto astratto
di ciò che è buono e giusto?
Perchè l’essere umano ritorna ricorrentemente al Mondo delle Idee platoniano
e al mito della caverna, specie quando la realtà non lo soddisfa?
Abbiamo davvero dentro di noi una impronta dell’archetipo, del modello originario
del Bello e del Buono e l’abbiamo persa?
E l’amore che inseguiamo da una vita,è forse anch’esso una proiezione di quella pura bellezza intravista nel mondo delle Idee?
Quanti interrogativi si affacciano mentre ascolto questa versione rivisitata
da Mina di una romanza di Tosti.
Torna, caro ideale, torna.
Io ti seguii come iride di pace
Lungo le vie del cielo;
Io ti seguii come un’amica face
de la notte nel velo.
E ti sentii ne la luce, ne l’aria,
nel profumo dei fiori;
e fu piena la stanza solitaria di te,
dei tuoi splendori.
In te rapita, al suon de la tua voce
Lungamente sognai,
e de la terra ogni affanno, ogni croce
in quel sogno scordai.
Torna, caro ideal,
torna un istante
a sorridermi ancora,
e a me risplenderà nel tuo sembiante
una novella aurora.
una novella aurora.
Torna, caro ideal, torna, torna!
ROMANZA DI F. TOSTI
quadro attribuito a Piero della Francesca, La città ideale, dipinto tra 1480 e il 1490
e conservato nella Galleria Nazionale di Urbino