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Torna il mito ?

Da Rudebarber
Torna il mito ?
Breganze non è solo un comune in provincia di Vicenza e questa non è una Laverda. O forse non vi siete sbagliati e l’errore è di chi pensa che il glorioso marchio sia chiuso in un cassetto del Gruppo Piaggio. Lì ci sono – incontestabili – gli atti che ne stabiliscono la proprietà e il diritto di usarlo, acquisiti con l’acquisto dell’Aprilia che li deteneva, ma non il cuore. Quello di tanti appassionati cui ancora l’arancio della Laverda fa lo stesso effetto del rosso per un toro. Quello di gente che non si rassegna all’estinzione e cerca di tenerne vive le glorie, perché questo è un modo per mantenere viva la sua passione. È così che nasce un marchio nuovo ma dagli echi gloriosi, Breganze Motociclette Italiane; e con esso una moto inedita eppure già con un nome e un passato che fanno drizzare le orecchie. SF 750 era anche la sigla della più apprezzata delle moto vicentine, significava Super Freni perché era stata dotata di un vigoroso tamburo anteriore a quattro ganasce.
Il marchio Laverda
non compare, non può, ma la nostalgia pompa a mille, assieme all’interesse per una moto che verrà costruita in una cinquantina di esemplari all’anno, quasi artigianalmente, e promette di riaccendere emozioni antiche. Laverda comunque è il motore, il bicilindrico 750 derivato dal 500 che aveva spinto anche le moto del monomarca Formula 500, e via via modificato; era montato sulla produzione più recente e ne restavano qualche centinaio a Zané, dove lo stabilimento era stato trasferito prima del fallimento. È stato modificato, evoluto, allineato alle normative Euro 3. Era un progetto modernissimo quando nacque, è ancora adeguato: bicilindrico parallelo a otto valvole, ora è alimentato con un’iniezione indiretta Weber-Marelli e arriva ad 85 CV a 8300 giri. Non è una cavalleria stratosferica ma c’è quanto serve per divertirsi, vivere la passione.
Quella che del resto è stata la molla per Davide Carboniero, progettista CAD, modellista e soprattutto laverdista sognatore: ha raccontato i suoi sogni sul forum Motolaverda, lì nel web ha incontrato Pino Cincotta, architetto e disegnatore, e assieme hanno iniziato l’avventura. Poi hanno coinvolto anche Enzo D’Angelo, motorista, lui pure reclutato sul forum.

La moto
ovviamente ha un’impostazione molto tradizionale, sia perché la sua anima è profondamente vintage, sia per semplicità costruttiva. Non è solo questione della struttura generale, telaio a traliccio in tubi di acciaio e sospensione posteriore classica, con forcellone oscillante e due ammortizzatori; sono anche le misure caratteristiche. Cannotto di sterzo relativamente aperto per essere una sportiva – in effetti è una café racer – e una discreta avancorsa, tutto nell’ottica di una moto che deve avere una guida solida e affidabile. Però la componentistica è adeguata a un prodotto il cui prezzo dovrebbe stare attorno ai 20.000 euro: forcella a steli rovesciati completamente regolabile, così come lo sono gli ammortizzatori, Öhlins con serbatoio separato, mentre i dischi freno sono a margherita, i due anteriori di produzione Galfer, con pinze a quattro pistoncini ad attacco radiale. Ruote a raggi, ma con la costola interna, per poter montare pneumatici tubeless.
La linea è di quelle che colpiscono, reinterpretazione in chiave moderna di una monoposto sportiva anni Settanta: serbatoio corto e separato da sella e fianchetti, parafanghino anteriore, un accenno di tabelle portanumero e scarichi cortissimi e cattivi che passano sotto il motore. Tradizionale ma con qualche furbizia. In particolare lo spazio per un grande airbox lì dove una volta si metteva il serbatoio, che qui invece è sotto la sella, con il tappo posto sul codino. Perché il vintage non deve essere d’ostacolo alla efficienza. Particolare curioso: la engineering che produce la SF 750 ed è proprietaria del marchio Breganze, la View Point srl, non è a Breganze ma a Creazzo, che dalla sede storica dista una quarantina di chilometri. Ma nessuno si formalizzerà...

Alessando Pasini

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