Tornano le proteste a Panama dopo un periodo di relativa calma. Nella settimana che si è appena conclusa le province di Veraguas e Chiriquí sono state testimoni di scontri, dove il tentativo di bloccare la statale Interamericana da parte dei manifestanti è stato represso dai lacrimogeni della polizia. La protesta dei gruppi indigeni ed ambientalisti non ha nulla di nuovo ed è ripresa con veemenza dallo stesso punto in cui era stata lasciata mesi scorsi, dalla promessa di un tavolo di negoziati dove si dirima una volta per tutte la questione dello sfruttamento idroelettrico e minerario delle regioni protette.
La cacicca Silvia Carrera, che rappresenta la popolazione autoctona Ngabe Buglè, ha denunciato in una conferenza stampa che il governo continua a rilasciare concessioni. Una situazione che ha costretto ancora una volta gli indigeni a tornare in piazza per chiedere l’applicazione della legge 415, che stabilisce un regime speciale per la protezione delle risorse naturali e minerali nella riserva Ngobe Buglé. Nei mesi passati avevamo conversato con Oscar Sogandares, ambientalista e profondo conoscitore della problematica panamense, nonché curatore della pagina http://chiriquinatural.blogspot.com/ che ci ha spiegato cosa sta succedendo nelle regioni indigene. Pubblico qui una sintesi di quella lunga conversazione.
Concessioni minerarie, costruzioni di dighe, ribellioni indigene: cosa sta succedendo nel Chiriquí e a Veragua?
Le differenze si racchiudono nell’esclusione dell’articolo 5 dell’accordo di San Félix, nel progetto di Legge 415, che dice: ¨Si annullano tutte le concessioni consegnate ad imprese nazionali e straniere per l’esplorazione o lo sfruttamento delle risorse minerarie e per la costruzione di progetti idroelettrici all’interno del territorio Ngabe Buglé, le aree annesse e alle comunità Ngabe Buglé situate fuori dal territorio, e si sospendono immediatamente tutti i lavori che queste ditte stanno realizzando¨.
Il governo di Ricardo Martinelli ha cercato una scusa per risolvere le imponenti manifestazioni contro le miniere e le dighe del 2011. Le entità del governo vogliono dare in concessione tutto il paese, le coste, le risorse idriche, i giacimenti minerari al miglior offerente. Esiste il caso di Barro Blanco , una diga che si costruisce fuori dai territori indigeni però che inonderà decine di ettari all’interno degli stessi. Questo progetto, si conosceva prima come Tabasará 1 e avrebbe generato l’energia necessaria di 220 MW assieme ad altre dighe per sfruttare la miniera del Cerro Colorado. Non interessa che queste concessioni si trovino all’interno di aree indigene o riserve naturali, come nel caso di Petaquilla, situata nel corridoio naturale mesoamericano.
Martinelli ha detto ripetutamente che vuole convertire Panama del Dubai delle Americhe. Ma chi vuole vivere a Dubai dove tutto è caro, è un deserto ed i suoi mari non sono altro che acque pestilenziali? Un luogo governato da un gruppo di famiglie di satrapi feudali che non accetta opposizione e che possiede l’autorità di vita o di morte sugli abitanti e che è lontana dall’essere una vera democrazia. Preferiamo vivere in un paese, forse più povero, però dignitoso, come la vicina Costa Rica dove –senza essere perfetti- si è riusciti a salvare le risorse naturali dallo sfruttamento selvaggio delle corporazioni; dove recentemente è stata proibita l’attività mineraria all’aperto e dove non esiste un esercito mentre qui entità militarizzate come il Servicio Nacional de Fronteras, Servicio Nacional Aero Naval ed altri, invece di compiere le loro funzioni basiche vengono usate per aggredire e reprimere il nostro umile popolo indigeno e contadino, come i fatti di sangue del 2011 e del 2012 dimostrano.
Il governo di Martinelli vorrebbe che si sfruttino le varie concessioni minerarie ed idroelettriche già esistenti, tra cui i giacimenti auriferi di Cerro Caballo e Cerro Pelado, così come il mega progetto di rame del Cerro Colorado che è protetto da un regime speciale ed è l’unica concessione dove il Governo possiede una partecipazione del 50% con il Codemin. Questa entità venne creata durante il regime militare di Omar Torrijos, però durante gli anni Settanta ed Ottanta ha subito una crescente opposizione. Cerro Colorado è considerata una delle maggiori riserve di rame del mondo, ma per sfruttarlo sarebbe necessario scavare un’enorme montagna i cui sedimenti toccano entrambe le coste. Esiste anche il problema delle precipitazioni atmosferiche delle aree tropicali. Il fiume San Félix, per esempio, nella stagione delle piogge si è saturato di questi sedimenti tossici che hanno provocato la morte dei pesci, fino a versare le proprie acque contaminate nell’oceano, nei pressi di luoghi turistici come Las Lajas. Il giacimento, poi, riposa sopra una una falda di roccia solforosa, il cui impiego causerebbe una pioggia acida che porrebbe fine alla produzione agricola e del caffè del Chiriquí. Gli abitanti del Boquete hanno assicurato che una mattina è apparsa una densa cappa bianca sopra i cafetales che ha causato la moria delle piante. La causa della nube era l’acido che liberava la miniera. A Boquete si coltiva uno dei migliori caffè gourmet del mondo. Il generale Torrijos, che conosceva questa situazione, aveva ritirato ogni progetto ed aveva promesso ai leader indigeni che se loro non avessero voluto le miniere e le dighe, queste non sarebbero state costruite.
L’altra concessione mineraria vigente ed in esplorazione è quella di Guariviara. Al momento è ferma per una denuncia della Fortuna S.A., che produce energia elettrica e che si vedrebbe danneggiata per le emanazioni tossiche che si riverserebbero sulle acque del lago Fortuna, necessarie per la generazione elettrica.
Quali sono gli interessi che stanno dietro lo sfruttamento del territorio?
Attualmente esiste un grande interesse di sfruttare non solo il Cerro Colorado, ma numerose altre concessioni minerarie nel territorio degli Ngabe Buglé. In realtà più del 90% di questo territorio è stato dato in concessione dal Ministero del Commercio e Industria, per la maggior parte nel settore minerario. In questo momento esiste l’interesse di Canada, Corea del Sud e Singapore, dove in questi ultimi due paesi le società estrattive sono a partecipazione statale. Però a Panama esiste una legge che proibisce la partecipazione di qualsiasi nazione straniera in società nazionali. Anche nel settore idroelettrico esiste un sovrasfruttamento: sono 160 i progetti previsti o già in esecuzione, molti di più che in tutto il Centroamerica insieme. Esistendo un superavit di energia, l’eccedente verrà inviato alla rete Siepac, che unisce Centroamerica e Messico con Panama e più avanti con la Colombia. È una conseguenza del Plan Puebla Panamá, che ora viene chiamato Plan Mesoamericano. L’unico posto del paese dove non esistono concessioni idriche in esecuzione è il distretto Ngabe Buglè, anche se sono vicini i progetti sul fiume Tabasara.
Sugli aspetti dell’ampliamento posso solo dire che l’area del Canale è un mondo a parte, un’area che è considerata da qualcuno un’isola di efficenza nel mare terzomondista. Sono però grandi gli interessi economici in gioco, basti pensare che la licitazione è stata il prodotto i grandi irregolarità, come è risultato dai documenti rivelati da Wikileaks sulla stampa. Sui dettagli, tipo che si sta costruendo sopra faglie sismiche ed il grave pericolo di salinizzazione del bacino, rimando a www.crucestrail.com.
Esiste la possibilità che la crescente salinizzazione possa raggiungere le montagne del Coclé, dove il bacino del canale e la fornitura di acqua potabile potrebbero affrontare un altro grave problema, quello della possibile contaminazione con i rifiuti tossici delle miniere di oro di Petaquilla e di rame di Panamá.
Si stanno rispettando i diritti degli indigeni, esiste una possibilità di dialogo con il governo?
Durante le manifestazioni i diritti non sono stati rispettati. Questo governo ha dato una dimostrazione di intolleranza verso le rivendicazioni popolari, soprattutto se queste vengono dai popoli indigeni. Il ¨razzismo¨ manifestato dal governo è evidente, quando ci si riferisce ai rappresentanti dei popoli autoctoni come ¨ubriaconi e drogati¨, parole testuali del Ministro per la sicurezza, José Raúl Mulino. C’è chi ha già paragonato il governo di Martinelli come populista di destra, al punto da compararlo con quelli di Fujimori e Somoza. In nessun altro periodo post-dittatoriale ci sono state tante proteste e scontri con le masse popolari, con i lavoratori e, soprattutto, con i popoli autoctoni. Una situazione che vige dagli scontri del 2010, con l’imposizione di quella che è stata chiamata la Ley Chorizo (Legge 15), che tra le altre cose eliminava la quota sindacale ed il diritto allo sciopero e che scartava anche la necessità di realizzare gli studi di impatto ambientale nei progetti che il governo considerava di ¨interesse sociale¨.