di Nicola Pucci
Spostiamoci in Spagna per il secondo Master 1000 su terra rossa della stagione, ovvero il torneo di Madrid, e ritroviamo un vecchio amico: Rafael Nadal.
Nadal – da atpworldtour.com (Getty Images)
Ai nastri di partenza manca qualche pezzo da novanta, come ad esempio Novak Djokovic, annunciato papà, che comunica l’assenza a tabellone sorteggiato sguarnendo di fatto la parte inferiore che diventa terreno di caccia aperto a molti. Il martedì la faccenda si complica maledettamente per gli organizzatori del Mutua Madrid Open, con Federer che papà lo diventa proprio – un’altra accoppiata di gemelli, maschi stavolta – e rimane al fianco della sua Mirka, e in serata l’altro rossocrociato da copertina, Wawrinka, che inciampa nel talento in divenire di Thiem e lascia sul terreno di gioco ambizioni che andavano ben oltre la finale di dodici mesi addietro.
E chi beneficia di cotanta carestia di campionissimi? Ovvio, Nadal il maiorchino. Ci sarebbe anche Murray, ma l’Andy scozzese non è ancora da corsa e dopo un successo sofferto con Almagro rimbalza su Giraldo, colombiano in evidente stato di grazia dopo la finale di Barcellona. Rafa, dunque, che entra in gioco con lo schiacciante 6-1 6-0 a Monaco, per riservare poi stessa sorte a Nieminen, 6-1 6-4 pur con qualche incertezza nel secondo set, ed assomigliare sempre più al tritasassi che conosciamo da quasi un decennio al cospetto di Berdych, 6-4 6-2.
Ad altezza semifinali la Spagna sfiora l’en-plein, non fosse per Nishikori, che progredisce ed inizia ad inquietare i migliori, killer del bel Feliciano Lopez. C’è Ferrer, con quotazioni in rialzo, che fa fuori Gulbis, che aveva fatto fuori Dolgopolov, che ancora prima fece fuori Fognini, incapace di tenere a bada i soliti istinti distruttivi; e c’è Bautista-Agut, con il suo tennis in crescendo, che rappresenta il nuovo che avanza all’ombra dei grandi di Spagna. Ma Nadal è ancora troppo per il ventiseienne castigliano, che si batte con audacia ma si inchina 6-4 6-3. Non sarà finale fatta in casa, perchè Kei il samurai conferma l’ottimo stato di forma di questa primavera e di maratona demolisce Ferrer, corri-tira-corri che in 2ore 56minuti manda il giapponese a giocare per il titolo, 7-6 5-7 6-3 a referto.
Ed in finale non c’è storia per oltre 1 ora, 6-2 4-2 ma contro ogni più ovvia previsione è Nishikori a giocare con i piedi ben piantati dentro il campo, dominare lo scambio e sballottare di dritto e di rovescio un Nadal spento e disarmato nel gioco di pressione. Ma il fisico del giapponese non è d’acciaio e sul più bello le fatiche di settimane di iper-attività e l’infinita semifinale si fanno sentire. Nadal riemerge dal baratro, infila quattro giochi in sequenza, firma il 6-4 e trascina la sfida al set decisivo. Dove il serbatoio di Nishikori è ormai desolatamente vuoto, la schiena non ne può più e sul 3-0 Nadal può stringere la mano all’avversario costretto alla resa. Rafa vince e torna al alzare il trofeo destinato al più forte: con Roma e Parigi dietro l’angolo è una bella iniezione di fiducia. Anche se… qualche ombra rimane.
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