"Torno indietro e cambio vita".
di Carlo Vanzina.
con Raul Bova, Ricky Memphis, Giorgia.Michelini, Max.Tortora, Paola Minaccioni.
Ita, 2015
durata, 85'
"From the ice-age to the dole age/There is but one concern/I have just discovered...",
mormorava uno a cui tuttora non la si può raccontare impunemente. Con
pacifica evidenza, pero', tale rovello non deve assillare uno come Carlo
Vanzina, tetragono nel ritenere, per il tramite di una frequentazione
ribadita - con qualche pausa, ovvio - film dopo film, le decadi '80 e
'90 del secolo scorso, una sorta di golden age (?!) a cui tornare
come si torna ad un approdo sicuro, ad un luogo ove una qualche
felicita e' possibile. Nel caso, Marco/Bova e Claudio/Memphis,
quarantenni, amici da sempre, più o meno rassegnati alle comodità e alle
mediocrità del quotidiano, vengono scaraventati in seguito ad un
incidente automobilistico nel 1990, ritrovando con le perdute abitudini,
il bandolo di un destino che si sarebbe dipanato in modo diverso dai
sogni e dalle aspirazioni di ognuno.
Ben
presto assestato sul tenore di una elementare commedia degli equivoci -
il liceo da concludere di nuovo; una moglie (Michelini) ancora da
conoscere e magari da non conquistare per non innescare un futuro
deludente; il tran-tran familiare da ripercorrere nei panni di
post-adolescente, farfallone e di fondo conformista (Bova); un tanto più
travagliato per via della deriva alcolica della madre (Memphis) - il
lavoro di Vanzina (come da prassi coadiuvato dal fratello Enrico in sede
di scrittura) si distingue da altri suoi simili di una oramai lunga
carriera per una certa sobrietà nel tratteggio delle solite (esili) figurine; per un ribadito gusto per il singolo marchio di repertorio (taluni elementi di scena; l'uso del walkman e le sottolineature sulle prestazioni di motorini pre-tecnologici;
i tormentoni musicali d'epoca, tipo "Maniac" da "Flashdance"); l'uso
moderato del turpiloquio (in specie quello di ascendenza romanesca e
rimembranza sordiana, di fatto e più in generale sempre presente,
quest'ultima, nell'intercalare dei protagonisti - Tortora, in primis -
con buona pace degli alti lai che periodicamente si alzano per
rimarcarne una oramai insopportabile persistenza) e una non così ovvia
atmosfera malinconica la quale, nonostante o, forse, proprio a causa del
più scontato dei lieto-fine, arriva a lambire una autentica
insofferenza nei confronti di un presente - il nostro - che, al punto in
cui siamo, non si sa nemmeno più come rifiutare, se non nei modi di una
radicale rimozione (il viaggio a ritroso nel tempo avviene appunto
grazie ad un trauma).
D'altra parte, e per ciò che attiene più allo specifico comico,
non ci si sposta molto tanto nei proponimenti quanto nel metodo e nella
procedura, per un verso - e per ciò che e' di pertinenza del
personaggio di Memphis - da una pallida (per quanto, a volte, sapida) manipolazione dell'impassibilità tipica del deadpan humour di
Murray; per l'altro - e ci si riferisce a Bova - da un'anodina e
innocua riproposizione di alcuni atteggiamenti stupiti/perplessi/cripto-aggressivi dello Stiller più ridanciano.
Da
notare, ancora, la pervicacia con cui si continua a sottoutilizzare (e
malgrado un ruolo, qui, piuttosto consistente) l'innegabile brio della
Michelini.
TFK