Castighi e minacce, persecuzioni e aggressioni fisiche. Denunce circostanziate hanno rivelato l’esistenza in Ecuador di cliniche per curare l’omosessualità dove i pazienti erano detenuti contro la propria volontà e sottoposti a vessative terapie, basate sul castigo, che avrebbero dovuto ristabilire in loro una appropriata condotta sessuale.
Per il ministro della Sanità ecuadoriano, Carina Vance, che ha esteso le denunce ad almeno diciotto cliniche e centri di riabilitazione, si tratta di una rete vera e propria, che opera sul territorio nazionale da anni e che, appunto da anni –almeno dal 2000 secondo le associazioni gay-, è stata tollerata perché protetta da un muro di omertà e paura.
Secondo le denunce, la terapia ha compreso anche l’elettroshock, la tortura del water boarding e l’uso della camicia di forza, mentre non sono mancati i casi di violazione e almeno due omicidi. L’impiego di questi trattamenti era sempre stato negato, così come era stato impossibile per lungo tempo definire cosa succedesse realmente all’interno di questi centri. I pazienti che fuggivano evitavano di sporgere denuncia per evitare il coinvolgimento delle proprie famiglie, che erano state in primis le responsabili della loro degenza. È stata una ragazza, alla fine, a rompere la barriera del silenzio ed a rivelare un universo di violenze, brutalità e privazioni praticamente comune ad una serie di centri di riabilitazione presenti su tutto il territorio nazionale ecuadoriano. Secondo la ragazza, come parte della terapia applicata alle donne c’era lo stupro continuato da parte del personale maschile delle cliniche.
Una volta a conoscenza dei fatti, il Governo ha avviato un’indagine che ha rivelato anche il coinvolgimento di un funzionario dello stesso Ministero della Sanità, risultato proprietario di una delle cliniche. In Ecuador, dove vige ancora un machismo difficile da superare, è ancora diffusa, come in altri paesi latinoamericani, l’idea che l’omosessualità debba essere trattata al pari di una malattia. Fino al 1997 proprio l’omosessualità era considerata un delitto e come tale perseguita penalmente con pene dai quattro agli otto anni di prigione.
Intanto, il Pubblico ministero sta investigando quanti e quali siano gli interessi dietro i centri di riabilitazione. Il ministro Vance ha parlato chiaramente di mafie, per cui non si esclude che dietro questo paravento ci siano anche la tratta di persone ed altri traffici collegati alla criminalità internazionale.