Con la forza di volontà ci si deve impegnare
per dare sempre il meglio di se stessi:
“Chi a lungo vuol campare, deve a vivere imparare”
Tosello Vallini (1904-2005)
Un tempo si tramandavano oralmente per generazioni e generazioni i racconti biografici degli anziani, che, spesso, nella memoria collettiva della famiglia e quindi del clan, generavano i miti. Nasceva così parte della complessa cultura orale dei popoli, dalla commistione di ricordi di fatti reali e di ancestrali insegnamenti simbolici non sempre ad essi connessi. Tutto ciò assolveva a una precisa funzione sociale e rappresentava la principale base culturale storica delle comunità, e gli individui e i gruppi si confrontavano con queste “radici” nei momenti delle scelte. In tempi in cui si tende ad avere minor rispetto e considerazione delle proprie radici, la pur semplice e sintetica ricostruzione dei fatti personali e familiari vissuti da mio nonno Tosello nel secolo appena trascorso assume una valenza particolare di testimonianza storica per tutti i cittadini. I suoi ricordi, eccezionalmente ancora vivissimi fino ad oltre un secolo di età, ci parlano di un tempo che non c’è più, ma ci danno anche l’opportunità di confrontarci con il passato collettivo, arricchendo la nostra coscienza storica ed elevando il livello di consapevolezza nella costruzione del presente e quindi del futuro.
MEMORIE BIOGRAFICHE
di Tosello Vallini
Sono nato il 23 novembre del 1904, alle dieci del mattino, a Collemezzano, in aperta campagna. Ero il terzo di tre figli: il fratello maggiore Antonio era nato nel 1900 e mia sorella Antonia nel 1902. Mi fu dato il nome Tosello in memoria del maggiore Toselli, eroe della guerra d’Africa. La mia famiglia era modesta, ma generosa. Mio padre era nato nel 1878 e si chiamava Eugenio, ma tutti lo conoscevano come “Faraino” settimo figlio di Giuditta Massei, vedova Boschi, che aveva sposato in seconde nozze mio nonno Antonio Vallini. Anche i nonni materni, Carlo Mangoni e Paolina Baneschi di San Vincenzo, avevano avuto sette figli, fra i quali mia madre Massima, nata nel 1881.
La mia infanzia è stata abbastanza dura; in mancanza di giocattoli, con gli amici Celso, Orlando e Ugo, cercavamo di procurarci dei giochi fatti con le nostre mani: carrettini con le pigne e palline di creta essiccata al sole. Giocavamo anche al gioco delle trottole, chiamato “Catribolo”, a nascondino, girotondo, ecc… Quando è arrivata l’età di andare a scuola, è stato per me un momento difficile perché abitavo lontano dalla scuola di Collemezzano e per il freddo rigido dell’inverno: i geloni ai piedi, le scarpe di cuoio e i pantaloncini corti erano per me una forte sofferenza. Portavo le prime viole mammole che riuscivo a trovare lungo gli argini alla mia insegnante Pia Bartolini, che apprezzava molto questo mio gesto e mi diceva: “Sono piccino piccino, ma ho un cuore grande grande”.La terza elementare l’ho frequentata a S. Pietro in Palazzi, dal maestro Pucci, che, essendo amico della famiglia Galli, un giorno ci presentò in classe una piccolissima bambina tenendola in braccio. Quella bambina in seguito sarebbe diventata mia moglie Tina. La quarta, la quinta e la sesta elementare invece le ho frequentate a Cecina, in Piazza Carducci. Ricordo ancora i migliori amici, compagni di classe dal 1917 al 1920: Ezio Frassoni (barbiere e poi impiegato di banca), Mario Montevecchi (calzolaio), Bolsoni (fotografo), Pietro Scaramelli (gestore di cinema), Luigi Carlevaro (commerciante), Sorrentino Pellegrinetti (barista), Giuseppe Luzzi (droghiere), Vilando Jacopini (figlio di “Pezzino”, fornitore di cavalli per l’esercito), Giosuè Carducci (castagnetano omonimo del famoso poeta), Livi, detto Coccolino (figlio del gestore di una trattoria), Ado Granchi (mobiliere), Sileno Silvestri (impiegato dell’ufficio del registro), Eugenio Londi (pescatore di Marina di Cecina), Renato Cappagli (famoso meccanico).
In questo periodo scoppiò la Prima Guerra Mondiale e arrivarono veramente momenti tristi. Mio padre e mio fratello appena diciassettenne furono chiamati militari. Vivevamo, mia madre, mia sorella ed io, con 40 centesimi al giorno di sussidio. Alla sera ci riunivamo per passare un’ora facendo il gioco della tombola. A me era dato il compito di estrarre i numeri e per compenso mi venivano dati 5 centesimi. Avevo così messo insieme questi pochi soldini e scrissi a mio padre del gruzzoletto. Mio padre mi rispose: “Ne hai più di me, perché io non ho niente.”
Finita la guerra, mio padre e mio fratello tornarono finalmente a casa. Nel 1924 toccò a me partire militare: ero in Marina, a La Spezia (primo a sinistra nella foto alla batteria sperimentale di S. Maria, Varignano, 1925), e mi congedai come Sottocapo. Finalmente, nel 1926, entrai a lavorare con buon profitto nel reparto elettrico della Solvay e, nel 1930, mi sposai con Tina Galli. Purtroppo, nel 1931, lo stabilimento Solvay licenziò molto personale; inizialmente sembrava che io non fossi tra i licenziati, invece la direzione mi incluse fra quelli perché non avevo la tessera del Partito Fascista, che molti altri possedevano. Da qui cominciò la mia odissea per una nuova occupazione. Con mia moglie ancora molto giovane dovetti affrontare il disagio della lontananza e trasferirmi a Roma (in Via Saturnia, 55), dove sembrava che ci fosse qualche possibilità in più di lavorare. Cominciai nella fabbrica della società Mirol, dove veniva distillato il petrolio, ma, in quel periodo, un incendio devastò la fabbrica e ci furono altri disagi. Ritornai a lavorare nella fabbrica ricostruita, ma ero senza paga, facevo dodici ore notturne, ma lo stipendio non arrivava. Così cercai una nuova occupazione e la trovai da Fernando Innocenti, il capostipite dell’omonima fabbrica. Dal 1932 al 1938 ho lavorato con Fernando, avendo con lui un rapporto di grande stima, al punto che, quando dovevo andare in direzione per vari lavori, venivo accompagnato dal suo stesso autista. Eppure mi sentivo piccola cosa in una “macchina” così importante. Nel frattempo, nel 1932, era nato mio figlio e, dopo due anni, nel 1934, mia figlia Maria Teresa. Purtroppo non era il momento migliore per avere un altro figlio, perché io avevo problemi di salute abbastanza gravi. Non riuscivo con le cure a risolvere la mia ulcera e pure le possibilità economiche erano a zero. Il commendator Innocenti, saputo del mio problema, mi aiutò tramite il capo officina, e consigliandomi di farmi operare allo stomaco, assicurò che alla mia famiglia sarebbe arrivato il suo aiuto economico. Così, dopo l’operazione, fui in condizioni di riprendere il lavoro e ricominciò la mia vita. Quando il commendator Innocenti decise di trasferirsi a Lambrate, vicino Milano, per costruire un nuovo stabilimento, chiese anche a me di trasferirmi, ma io, mio malgrado, non accettai: il clima e la mia salute non me lo consentivano. Infatti, molti colleghi andarono, ma non resistettero a lungo. Nel 1938 cominciarono a sentirsi venti di guerra e io cercai di avvicinare la mia famiglia al paese d’origine. Trovai lavoro all’ANIC, ancora una fabbrica di petrolio, e mi trasferii a Livorno (prima in Via Garibaldi e poi in via Bixio). Le condizioni economiche cominciarono a migliorare e la vicinanza dei familiari mi dava più sicurezza. Quindi cambiai ancora lavoro, entrando alla fabbrica di siluri Motofides, grazie a una prova di precisione al centesimo di millimetro: ebbi l’encomio del direttore Berghi e del suo vice Pollastrello, che affermarono che non avevano mai visto una prova così perfetta. Lavorai anche a Fiume, allora italiana, al collaudo dei siluri per cinque mesi. Tornato a Livorno, purtroppo questa mia vita serena e finalmente un po’ più agiata durò molto poco. Era scoppiata la guerra ed erano cominciati i bombardamenti. Le bombe mi cadevano vicino. La mia famiglia era sfollata a Collemezzano dai parenti e la mia casa fu colpita dalle bombe: non era più abitabile e non c’erano più neanche le scale. Buona parte dei miei beni rimasero là e anche gli “sciacalli” lavorarono.Dovetti ricominciare una nuova vita. Dopo l’8 settembre 1943 non c’era più lavoro e io dovevo cercare di sopravvivere con la mia famiglia. Dopo il passaggio del fronte e varie peripezie, lavorai anche quattro mesi con gli americani.
Nel 1944 a Vada cominciai la nuova attività di riparazioni di biciclette in un sottoscala appartenente a Cafiero Campani. Le difficoltà erano enormi anche perché mancavano i materiali: mia moglie Tina cuciva a mano i copertoni con le gomme delle camere d’aria dei camion militari americani. Dopo qualche anno il commercio riprese un po’ di forza ed io potei lasciare il sottoscala e trasferirmi in una stanza vicina, sulla Via Aurelia, dove sono rimasto per più di quaranta anni. In questo lungo periodo ho avuto modo di conoscere molte persone anche importanti, come Gino Bartali, che divenne un mio caro amico oltre che fornitore di biciclette.Nella mia lunga vita ho anche conosciuto molti altri personaggi: oltre a Bartali, i ciclisti Bizzi (detto il Morino), il campione del mondo Morelli, Bresci, Volpi di Volterra, Beppe Saronni, Bitossi (detto il Concaio). Ho conosciuto personalmente Nuvolari, Cortese, Brilli Peri, Varsi, Bordino e tanti altri automobilisti; fra i motociclisti: Silvio Del Corso (detto Sette Cervelli), Vasco Jacopini e Nedo Galoppini. Per motivi di salute miei e dei miei cari, ho avuto modo di conoscere il prof. Luschi di Pisa, il chirurgo di fama mondiale prof. Puccinelli del Policlinico di Roma, il prof. Vannocci di Cecina. A Fiume ebbi l’occasione di conoscere il tenore Beniamino Gigli, e successivamente i tenori Masini e Baldini, il percussionista Giovanni Imparato e la cantante Barbara Buonaiuto. A Roma conobbi il maresciallo dei bersaglieri Benni, che mi raccontò un curioso aneddoto su Benito Mussolini; mentre il famoso generale Cincinnato Boschi, pluridecorato nella Prima Guerra Mondiale, era mio cugino.
Data la mia lunga permanenza nell’artigianato, sono stato onorato della medaglia d’oro. Ho cessato la mia attività con rammarico all’età di 88 anni nel 1992, a causa della Minimum Tax e della tassa sulla salute, che avevano reso il lavoro non remunerativo. Vivo la mia vecchiaia con una modesta pensione, nel ricordo degli amici e di tutti i ragazzi di bottega che non mi dimenticano. Ho grande affetto per loro, avendo in qualche occasione fatto la parte di padre. Tra questi Fabio Lacci, Lino Mura, il Chini, i fratelli Carli, Renzo Parietti, Piero Marinari, Giuliano Biasci e tanti altri di cui mi sfugge il nome e che vorranno perdonarmi. Sono sempre stato appassionato di tutti gli sport e di ciclismo in particolare; sono stato fondatore di due società sportive ciclistiche e due di calcio; ho collaborato con loro e dato il mio contributo nei limiti delle mie possibilità.Negli ultimi anni sono stato allietato dalla nascita di tre bisnipoti: Lorenzo, figlio di Giovanni, nato il 4 giugno 1990; Pietro, figlio di Anna Valeria, nato il 28 dicembre 2001; e Elena, figlia di Vittorio, nata l’11 aprile 2002. Nelle mie lunghe giornate di pensionato mi diletto a scrivere delle piccole poesie.
Tosello Vallini, 23 novembre 2002
Breve Commento al Tema Natale di Tosello
Nel tema natale di Tosello il Sole e Mercurio in Sagittario esprimono la sua carica vitale e dinamica, la sua voglia di parlare e di comunicare con allegria e simpatia, il suo ottimismo ed il suo entusiasmo. Il carattere estroverso e socievole è rafforzato dalla presenza del Sole nell’undicesima Casa. Come molti altri nativi del Sagittario, anche grazie a Giove in Ariete, è fiducioso ed onesto, intraprendente e generoso, ma la spinta ad essere impulsivo è controllata dall’ascendente Capricorno, che ha reso Tosello tenace e costante, grazie anche a un bel Saturno in Acquario. Questi aspetti severi e la presenza di Venere in Capricorno forse lo hanno protetto anche dal sentimentalismo un po’ nostalgico espresso da Nettuno in Cancro, ma non hanno troppo frenato il temperamento allegro e lo spirito vivace ed estroso indicati dalla Luna in Gemelli (dinamizzata dagli aspetti con Sole e Marte): una Luna tipica di chi ha grande senso dell’umorismo e fantasia, spirito giovanile e tendenza all’istrionismo, talvolta fin troppo esuberante e teatrale, come evidenziato anche dalla quinta Casa e dalla posizione di Plutone.Infatti, l’aspetto astrologico forse più degno di nota è la forte presenza di Plutone in Gemelli e in sesta Casa, nettamente appoggiato da Giove e Saturno. Prima di tutto appare interessante il simbolismo di Plutone (petrolio) in sesta Casa (lavoro dipendente), alla luce dell’attività lavorativa di Tosello nelle industrie petrolifere, ma anche l’aspetto generazionale del pianeta è rilevante.
L’ultimo transito di Plutone in Gemelli risale al periodo luglio/ottobre 1882, giugno/dicembre 1883, aprile 1884/settembre 1912, ottobre 1912/luglio 1913 e dicembre 1913/maggio 1914. Furono anni relativamente tranquilli in cui il pianeta in esaltazione si espresse soprattutto secondo le simbologie del segno dei Gemelli: per esempio si incominciarono a diffondere gli apparecchi telefonici come nuovo importante mezzo di comunicazione (il primo impianto italiano fu installato nel 1889). Notevoli impulsi ebbero la letteratura, il giornalismo, lo sport e il teatro, mentre nasceva (nel 1895) e si affermava sempre più il cinema come forma di spettacolo e di comunicazione.Un po’ tutta la generazione con Plutone in Gemelli ha risentito, spesso positivamente, di questa atmosfera molto creativa; per cui la forza profonda del pianeta si è espressa come vitalità, esuberanza giovanile, naturale capacità di recitare e di mettersi in evidenza.
Agli inizi del XXI secolo erano ancora in vita numerosi esponenti di questa longeva generazione che mantenevano ancora una giovanile curiosità nei confronti dell’esistenza, un vivace intelletto e l’atteggiamento giocoso e creativo che di norma è tipico degli adolescenti.
Giovanni Pelosini